Formazione ormai esperta nella scena hardcore nostrana, gli If I Die Today sono cresciuti col passare del tempo facendo evolvere il proprio stile verso un post-hardcore oscuro e viscerale, che sul palco del Venezia Hardcore si è tradotto in un’esibizione travolgente. Durante la prima giornata del festival siamo riusciti a scambiare qualche parola con loro, con un’ampia analisi del loro ultimo album, The Abyss in Silence, e qualche spunto sui loro cambiamenti durante la loro carriera. Buona lettura!
Ciao ragazzi, benvenuti su Grind on the Road. Voi l’anno scorso avete pubblicato The Abyss in Silence, vostro primo album dopo sette anni. Com’è nato questo disco, e come sono stati questi sette anni?
Marco (voce): Abbiamo avuto un sacco di peripezie tra cambi di formazione e altro. Siamo una band che suona da molto tempo, e considera che quella attuale non è nemmeno la formazione che ha registrato l’album, perché rispetto allora abbiamo cambiato batterista. The Abyss in Silence è un concept album che si basa sulle fasi del lutto. Ci abbiamo messo una vita a scriverlo, per le peripezie che dicevo, e in mezzo c’è stato il Covid che ci ha fatto perdere un anno e mezzo di tempo, visto che l’abbiamo registrato a febbraio 2020, appena prima del lockdown, quindi è stata una situazione davvero spiacevole. L’abbiamo fatto uscire appena finito il Covid, quando abbiamo ripreso col gruppo, ricominciando anche a suonare, senza particolare fretta visto che non ci interessava suonare in situazioni con gente seduta con la mascherina, come hanno fatto in tanti, non siamo la band per farlo. In molti l’hanno fatto, anche nel nostro genere, ma per me non è il massimo vedere la gente seduta davanti a me mentre vorrei tirargli delle testate. Comunque, tornando al concept, i testi li ho scritti tutti basandomi sul fatto che ho perso prima mio padre e poi mia madre, sono dedicati a quello, e sono stati una sorta di analisi psicologica di ciò che avrei potuto fare per tirarmene fuori.
Morgan (chitarra): Però è stato terapeutico.
Marco: Esatto, per me lo è stato. Poi, per carità, non è bastato, però è stato fondamentale.
Una domanda sul concept volevo proprio farla però mi hai già risposto
Marco: Noi tendenzialmente scriviamo concept album, almeno gli ultimi lo sono stati.
E sono collegati tra di loro? Oppure sono storie a sé stanti?
Marco: Più o meno, l’album precedente, Cursed, era basato su tutti i maledetti della storia, difatti ci sono citazioni tratte da libri, personaggi come Gesù e Satana, visti dalla loro parte come maledetti della storia, o personaggi a cui veniva chiesto dalla storia o dalla letteratura di fare qualcosa di specifico contro la loro natura.
Il vostro sound col tempo è cambiato molto, inizialmente era un hardcore più melodico e accattivante, mentre adesso è molto più oscuro e granitico. Da dove nasce questa evoluzione?
Morgan: Fondamentalmente abbiamo ascolti eterogenei all’interno della band, ma allo stesso tempo ci sono molti denominatori comuni, che sono band con connotazioni oscure. Veniamo dal death svedese, dall’hardcore e da una serie di influenze che ci portiamo ancora dietro al di là quello che ascoltiamo, e via via ci siamo interessati sempre meno alla tendenza per andare verso ciò che in realtà ci piace. Inoltre, con l’avvicendamento di persone diverse nella formazione, gli ascolti dei membri che sono entrati erano sempre più oscuri, quindi è venuto da sé creare musica che avesse più “nero” dietro rispetto alla scanzonatezza che c’era in origine. Stessa cosa per i testi, anche quelli sono diventati più introspettivi e scuri.
Marco: Tu considera che rispetto a 10/15 anni fa, quando abbiamo iniziato a suonare, l’unico membro rimasto della formazione originale sono io, gli altri sono cambiati tutti.
Vista questa trasformazione, che coinvolge la musica così come i membri e le tematiche trattate, avete mai pensato di cambiare nome?
Andrea (basso): Io sono uno degli ultimi arrivati e ti dico di no.
Marco: In realtà l’avevamo pensato ma alla fine non ci è fregato nulla fondamentalmente. If I Die Today ormai è una cosa che abbiamo tatuata addosso, anche con diversi loghi uno sopra l’altro per ricordarci i vari periodi (ridendo). Ormai questo nome ci rappresenta. Di base ciò che raffigura al meglio la band è l’incipit che abbiamo scritto su tutti i social: siamo quattro amici che cercano di suonare il più forte possibile e basta. Gli If I Die Today, al di là del genere e della gente che c’è dentro, sono quattro amici che fanno quella roba là, del resto non ci interessa.
È cambiato anche il vostro approccio alla composizione e al suonare dal vivo?
Marco: Sì. Ogni membro che è entrato ha dato qualcosa di nuovo alla band. In questo momento mi sento di dire che il gruppo ha la miglior formazione di sempre, quindi sarà difficile andare meglio di così, e l’approccio che abbiamo ora è quanto più professionale (per quanto questo sia un hobby, ovviamente) sia mai successo nella storia degli If I Die Today. Adesso stiamo portando avanti The Abyss In Silence ma stiamo già componendo pezzi nuovi, prevediamo di fare un EP a breve, e stiamo già pensando al concept e a ciò che vogliamo dire. Nel corso del tempo ci siamo anche politicizzati, e siamo diventati la band che volevamo essere. È stata una sorta di crescita, nel corso degli anni siamo diventati sempre più maturi, e questo si vede anche in quello che facciamo, per esempio come ci approcciamo sul palco, è completamente diverso rispetto agli inizi.
Avete pubblicato da poco il video di “Autumn (Sadness)”. Vi chiedo di parlarne, come si collega al concept dell’album ed è, per caso, legato al video di “First Day (Denial)” che avete pubblicato l’anno scorso?
Andrea: “Autumn (Sadness)” rappresenta la depressione, e nel contesto delle fasi dell’elaborazione del lutto di cui si parlava prima viene subito prima dell’accettazione, ed è forse la fase più difficile, il momento in cui si prende coscienza e al contempo si fa un passo avanti rispetto a una perdita che, secondo me, non si può superare. La ritengo una delle fasi più interessanti, sicuramente quella che lascia il segno che dura di più nel tempo. Nel video, che tra l’altro ha scritto Marco (batterista) insieme ad alcuni suoi amici, fondamentalmente si cercano di rappresentare diverse fasi, che anche in letteratura non si presentano mai da sole né tantomeno in un ordine perfetto, tendono a tornare. Il video le racconta bene partendo dalla negazione, infatti colori a parte all’inizio può sembrare quasi tutto come vorresti che fosse, le immagini non sono subito tragiche e disperate, poi man mano il personaggio principale, che rappresenta il subconscio, comincia a prendere coscienza e a non vedere più la speranza, rappresentata dalla ragazzina, e inizia a rendersene conto. Descrive tutto il passaggio dalla negazione fino alla disperazione, forse non arrivando ancora all’accettazione. L’idea era proprio quella di dare un tono scuro, così come la musica del disco, che fosse più naturale e diretto possibile. Spero possa trasmettervi le stesse cose che abbiamo visto e sentito noi nel farlo e nel vederlo. Inoltre è collegato a “First Day (Denial)”, che è il primo giorno dopo il lutto, la negazione, quando pensi sia una cazzata quello che ti è successo. In “First Day (Denial)” si racconta quella storia in cui non ti sembra nemmeno possibile di non avere vicino le persone che avevi prima.
Morgan: L’attore nel video di “Autumn (Sadness)” è Ettore Scarpa, di Torino, un professionista che dedica la sua vita a fare l’attore, e siamo molto contenti del risultato.
Ora siamo in un contesto fantastico come il Venezia Hardcore, stasera come spettatori, mentre domani voi suonerete. Come vi sentite? È un concerto che aspettate da molto?
Morgan: È un concerto che aspettavamo da molto e per cui ci siamo preparati a lungo. Il Venezia Hardcore oggi è un punto di riferimento in Italia per l’hardcore, per il metal e tutto ciò che gira intorno a questo tipo di musica. Per noi sarà molto divertente domani, appunto ci siamo preparati a lungo, mentre di solito viviamo molti show in maniera più leggera.
Proprio parlando di concerti, visto il vostro cambiamento di stile di cui abbiamo parlato, ora suonate soltanto pezzi degli ultimi dischi oppure riprendete anche brani degli esordi, magari riadattandoli?
Morgan: La scaletta di domani è concentrata in buona parte sul disco nuovo, più un paio di pezzi di Cursed, quindi brani del disco precedente che continuano a piacerci e che sono coerenti col resto della scaletta. Noi cerchiamo di avere uno show omogeneo, quindi i pezzi che suoneremo domani si inseriscono bene nel contesto e nella scaletta del disco nuovo.
Vi ringrazio di nuovo per la disponibilità e vi auguro un buon concerto per domani.
Grazie a te. Ci vediamo domani!