Ciao e benvenuto su Grind On The Road! Iniziamo dalla fine, ovverosia dall’ultimo grande evento Dio Drone, il Dio Drone Fest. Sei soddisfatto della risposta del pubblico? Cosa ti ha spinto ad organizzare quest’edizione, in particolare?
Ciao, e grazie a te per l’invito nel vostro mondo. L’ultimo Dio Drone Festival è stato davvero emozionante, anche perché prendeva un intero fine settimana. Tendo a non pormi molto la questione del pubblico nei mesi di lavoro che precedono la serata, forse è un inconscio rito scaramantico o più probabilmente la dimostrazione che organizzo cose che vorrei andare io per primo a vedere. Ma sì, c’è stata un’incredibile risposta e una grande partecipazione, più di quanto potessimo augurarci.
Questo appuntamento annuale rappresenta molto nel percorso della label. Dio Drone coinvolge diverse personalità ma sostanzialmente è una creatura che gestisco da solo. Mi è capitato di incontrare persone che immaginavano l’etichetta come una piccola industria con più dipendenti, ma è un’immagine che non apprezzo e che non si sposa con la realtà, oltre a farmi sorridere. Il festival è l’occasione che vede nel concreto la collaborazione di tutta la famiglia, perché di questo si tratta, con impegno e una quantità indescrivibile di pazienza generale.
“AEON” ha rappresentato l’ottava edizione, un numero importante dalla simbologia molto definita che ho persino tatuato addosso da anni. Volevamo qualcosa di monolitico, e grazie a Wows, Zu e in particolare alla coppia Liles / Maniac e alla magia di Christophe Szpajdel, direi che l’abbiamo ottenuto. Questa volta c’è voluto meno di una settimana per chiederci cosa fare al prossimo festival… (ride)
Siete ormai una realtà affermata nell’underground fiorentino prima, toscano e nazionale poi. Com’è iniziata quest’avventura?
Troppo buona, ti ringrazio di cuore. Dio Drone nasce sei anni fa dall’esigenza di creare un vero e proprio spazio per tutte le realtà dalle sfumature più spinte che non vedevo sufficientemente supportate. Firenze ha dato tanto in ambito musicale fino agli anni duemila, quando il fermento, e più che altro gli spazi, hanno iniziato a indebolirsi pian piano ma inesorabilmente. Nonostante tutto non ho smesso di credere nel potenziale di questa città, e piuttosto che passare le serate a maledirla ho pensato che creare una nostra “scena” (detesto questa parola) per renderla nel mio piccolo più interessante per me sarebbe stato più costruttivo.
Nel tempo il disegno si è ampliato, ho iniziato a collaborare con progetti non strettamente locali e poi anche stranieri, e negli ultimi mesi abbiamo anche portato in giro la Dio Drone Night come un carrozzone circense itinerante in diverse città sparse per l’Italia. Un arrogantissimo piano di sonorizzazione di massa.
Quanto e come l’esperienza Hate&Merda è legata alla genesi di Dio Drone?
Gli Hate&Merda hanno tenuto quello che doveva essere il loro primo e unico concerto allo storico Rullante Club di Firenze, e non abbiamo resistito alla tentazione di pubblicargli comunque l’album nonostante questa premessa radicale. La loro popolarità, per così dire, ha indubbiamente aiutato Dio Drone ad essere più conosciuta nel giro underground nostrano. Per il resto non sono le persone più affabili del creato e difficilmente ci facciamo vedere in giro con loro.
Dall’esterno si ha l’impressione che, oltre ad aver dato una “casa” ad una scena, Dio Drone costituisce una sorta di famiglia/gruppo di lavoro, in cui le idee circolano liberamente, ed i progetti si influenzano liberamente l’un l’altro. Puoi dirci di più a tal proposito?
Una delle idee di partenza era proprio quella di formare un collettivo di musicisti e artisti di vario genere che oltre a supportarsi collaborassero tra loro per dar vita a nuovi progetti. Questa cooperazione ha visto nascere diverse realtà che tutt’oggi sono stabili e attive. Comunque vada a finire questo percorso sono certo che Dio Drone avrà lasciato una traccia del suo passaggio nella storia di tutte le persone che ci hanno avuto a che fare.
Quali sono i tratti che rendono una band “degna” del roster? Cosa cattura la tua attenzione mentre vagli i demo che arrivano/le proposte di collaborazione?
Non userei il termine “degna”, non ho la pretesa di sentirmi un talent scout o simili. La cosa a cui più do importanza è sicuramente il lato umano, e il rapporto che si instaura con le persone con cui collaboro. Non potrei produrre l’album di una band, seppur importante, con cui non mi sento a mio agio. Dio Drone non è un business, è un investimento vero e proprio di tempo e risorse con un puro spirito creativo, di conseguenza esigo di circondarmi esclusivamente di persone con cui sto bene e con cui sento di condividere qualcosa.
Mi piace pensare che nonostante le uscite dell’etichetta siano molto spesso diverse tra loro vi sia più di un filo conduttore che le unisce tutte. L’intensità dei suoni, che non per forza sottintende musica pesante. La ricerca di atmosfera, e indubbiamente l’oscurità che permea tutti i dischi che ho prodotto. Tutte caratteristiche che sento estremamente vicine e che riflettono tanto della mia personalità, e che per forza di cose si riversano nelle scelte dei miei ascolti.
Vi sono delle band in particolare che ti hanno portato più soddisfazione dal punto di vista promozionale e professionale, i progetti a cui sei più “affezionato”.
Sono legato ad ognuna delle (quasi) 70 uscite che ho realizzato, ma alcune in particolare hanno obiettivamente segnato momenti e fasi ben precise. Creatura, l’ultimo album degli OvO, ha reso Dio Drone “rispettabile” agli occhi di tanti che prima consideravano l’etichetta quasi uno scherzo, e devo molto a Stefania e Bruno per questo. Anche se personalmente sono molto più felice che questo disco abbia cementato la nostra amicizia e stima reciproca, perché questi sono traguardi che non hanno prezzo.
Il progetto Bad Girl è nato per diretta conseguenza della nascita della label, e trattandosi di uno dei miei più cari amici – e probabilmente anche il mio collaboratore più stretto – non può non meritare un posto speciale nel mio cuore. La Magia Raccontata Da Una Macchina, il fumetto audio degli Uochi Toki, con cui ho sperato per anni di realizzare qualcosa. I Feel Like A Bombed Cathedral, il solo project di Amaury Cambuzat che andavo a sentire da adolescente con gli Ulan Bator. E potrei continuare finendo per elencare tutti i gruppi con cui ho collaborato.
Qual è stato l’impatto del digitale nella tua carriera da musicista prima e produttore poi? Trovi che sia una sublimazione del DIY?
A differenza di tanti miei coetanei non sono un acerrimo nemico del mondo digitale, che in fondo rappresenta un mezzo estremamente utile per il DIY del terzo millennio. Non tutti possono permettersi i costi della musica ma questo non deve precludere a nessuno la possibilità di fruirne comunque. Ho sempre approvato la pirateria e non avrebbe senso cambiare idea adesso, anche perché personalmente ho sempre acquistato comunque dischi a seconda delle mie possibilità, e come me tutti gli appassionati. Per tante persone l’avvento del mondo digitale ha fatto perdere di valore all’oggetto in sé, al disco fisico, ma sono convinto che sia tuttora importante stamparli perché restino nel tempo come la traccia del passaggio di qualcuno. Allo stesso modo di un quadro e di una scultura.
Qual è la tua opinione sul panorama musicale italiano? Quali sono, a parte le tue produzioni, le realtà che ritieni particolarmente degne di nota?
Malgrado il trend di lamentela generale in Italia c’è un fermento underground estremamente ricco e persistente, e apprezzo molto il fatto che il clima repressivo – tra locali che chiudono e squat che vengono minacciati e sgomberati – non riesca a sedarlo, ma anzi lo incrementi. E se alla fine dovremo tornare a suonare nelle cantine ben venga! Più che gruppi preferisco citare alcune situazioni in sé che apprezzo molto e intorno alle quali ruota un intero circuito di band e attività collaterali interessanti. Il Freakout Club di Bologna e il Krakatoa Fest. Il CSA Next Emerson di Firenze, XM24 (Bologna), l’Associazione Ekidna (Carpi), i ragazzi del Macao (Milano), i Venerdì Della Mannaia di Fano, tutto lo staff dietro la Pasqua Pagana e l’Osteria al Castello di Chiuppano, le Macerie di Molfetta, l’Istanbul Cafè di Bari. Il Collettivo Nuovi Rumori, Radio Wombat, Via Buonfanti (Pistoia), Terremerse, La Polveriera di Firenze, UR Suoni, Cachara, Santa Valvola Records, Nude Guitars. Le la lista potrebbe proseguire a lungo. E, se proprio devo citare un musicista, al momento ascolto spesso Gabriele Gasparotti.
Ti ringrazio per il tempo che ci hai concesso. Vuoi aggiungere qualche considerazione?
Grazie a te e a tutta la redazione per la chiacchierata. Ora basta parlare, ascoltiamoci un bel disco!