Abbiamo scambiato due parole con una band doom/ritual/sludge/black/drone italiana di altissimo spessore e siamo entrati nelle viscere della loro mente e nel loro infernale Qaal Babalon.
In questo lavoro si sentono sonorità riconducibili al vostro primo periodo ritualistico e lento, quello di Caosgon e Netrayoni, mentre si distacca totalmente dai tempi più veloci e black metal di Padmalotus e Teloch. Si tratta di un ritorno al vostro sound nativo?
Ardat: Come ho detto nel recente passato, personalmente considero Qaal Babalon l’esatta prosecuzione, anche come coinvolgimento emotivo di Caosgon e Netrayoni. Nibiru ha sempre creato i propri lavori senza calcoli di sorta ma solo lasciando scorrere le sensazioni presenti in un determinato istante e gli album che più rappresentano tutto ciò dall’ inizio alla fine sono quelli menzionati. Sottolineo dall’inizio alla fine, perché anche in Padmalotus non mancano momenti di psichedelia e sfogo non calcolato, sicuramente più sporadici. In ogni caso pur considerando Padmalotus un lavoro intenso e importante ho sempre avuto alcune riserve sulla post produzione e sul sound complessivo, riserve che non avevo a un primo ascolto di quanto registrato live in sala.
Questo è il primo lavoro in formazione a tre. Come ha funzionato il processo compositivo senza un altro chitarrista?
Ardat: Nibiru è nato in tre, è sempre stata una band con tre elementi. L’ eccezione è stata Teloch solo per trovare una collocazione a Siatris quando ha lasciato la batteria e, senza nulla togliere al lavoro da lui svolto, è una line-up che non mi ha mai convinto. Il nostro sound è con tre elementi, ed è perfetto così. Qaal Babalon lo dimostra ampiamente e a livello compositivo nulla ci è mancato.
Chertan: Il processo compositivo di quest’album è stato di una naturalezza e spontaneità impressionanti. Le idee, la musica e le atmosfere si sono manifestate come se stessero solo aspettando il memento giusto per farlo. Credo che non ci sia bisogno di aggiungere altro.
Sino ad oggi avete pubblicato cinque ottimi album tra cui quello che ritengo un capolavoro (Padmalotus). Qual è l’alchimia che vi accompagna da sempre?
Ardat: Mi sono dilungato già prima su Padmalotus, sono felice della tua opinione. L’alchimia? Il vivere intensamente nel bene e nel male ogni variazione emotiva, lasciare fluire nella musica senza calcoli e senza schemi i nostri malesseri la nostra rabbia il nostro disagio, rimanere uniti nel rispetto reciproco, nel confronto, accantonando pensieri e atteggiamenti egoici ma avendo le palle, la grinta di non mollare mai nella coerenza del progetto. Diversamente non puoi essere parte di Nibiru.
Chertan: Ritengo Padmalotus un album ottimo, ma credo che Qaal Babalon sia qualcosa di totalmente superiore a livello musicale, concettuale e spirituale. Per quanto riguarda l’alchimia che ci lega insieme come le tre entità di Nibiru, sono totalmente d’accordo con Ardat. Aggiungo che a volte mi chiedo come sia possibile che tre individui come noi riescano ad andare d’accordo e condividere un percorso personale e musicale, con questa armonia, senza scannarsi a vicenda.
Che cosa significa per voi racchiudere, nel caso di Qaal Babalon, pesantezza e sofferenza in musica?
Ardat: Semplicemente vivere nella musica realtà personali e non solo, che ogni giorno affrontiamo senza per questo cullarci in continue lamentele e masturbarci nella compassione altrui, come molti, troppi fanno.
Chertan: Per quanto mi riguarda, è una cosa talmente naturale comporre musica di questo tipo che non me lo sono mai effettivamente chiesto. Ma se devo dare una risposta, dico che noi siamo quello che suoniamo e componiamo senza alcuna riserva. Molto probabilmente se non suonassi e se non avessi scoperto questa forma di espressione sarei impazzito da tempo o sicuramente mi ritroverei divorato dal male di vivere e dai miei demoni interiori.
Il titolo dell’album e anche quello della canzoni è misterioso. Cosa si cela dietro a tutto e di cosa parlano i testi?
Ardat: Il titolo dell’album e delle canzoni sono in enochiano, linguaggio ancestrale che non abbiamo mai abbandonato, neanche in Qaal Babalon, nonostante sia presente in modo massiccio la nostra lingua madre. Nei testi non mancano rituali e evocazioni, “Oxex” e “Bahal Gah”, e momenti di pura e incontrastata rabbia, vendetta e dolori lancinanti raccontati con pazza e intensa frenesia, prendendo spunto da istanti personali difficili da metabolizzare se non sputandoli fuori senza pietà.
In alcuni brani si ha la sensazione di essere dentro ad un girone infernale dantesco. Cosa volevate trasmettere all’ascoltatore?
Ardat: Ripeto, ho sputato fuori, sia nella musica che nei testi, momenti che vorrei dimenticare ma che fanno parte di me del cambiamento, di un percorso. Chi ascolta “Nibiru” con la giusta intensità e lo vive, non può che rimanerne scosso, ma la mia unica intenzione era liberare nella musica pesanti energie personali difficili da controllare diversamente.
Chertan: Credo che in parte hai già dato una risposta. Volevamo trasmette a chi ci ascolta la sensazione di trovarsi in un vortice marcio e malato fatto di angoscia, claustrofobia, ferocia, rabbia e negatività senza però avere la possibilità di una via di scampo da tutto questo. Un po’ quello che si prova vivendo la nostra vita ogni maledetto giorno.
Nella vostra ritualistica discografia si sentono influenze molto varie, da quelle dei Neurosis a ombre di Sleep e Swans adagiate sopra al black metal e al doom/drone. Le band e i generi che ho citato sono un’influenza per i Nibiru?
RI: Vero. Le band che hai citato sono cronologicamente appartenenti alla nostra epoca e ai nostri ascolti, di conseguenza in un mondo analogico fatto di nastri e vinili la musica di “confine” si diffondeva tra chi volutamente la voleva cercare… e noi la cercavamo. O Lei cercava Noi. Non cambia nulla. Personalmente, come mia formazione personale, se mi parli di Swans e Neurosis mi parli di pane e vino.
Chertan: Ogni cosa che mi circonda influenza il mio modo di essere e di comporre. Musicalmente parlando, le band che hai citato per me sono importanti ma non fondamentali nella mia personale storia. Il bello di Nibiru e che puoi sentire le influenze di ognuno di noi amalgamate insieme, ma alla fine l’unica cosa che esce chiara e netta è il suono Nibiru e basta.
Salutate i lettori di Grind On The Road come meglio volete. A presto
Ardat: Nibiru è più vivo che mai. Qaal Babalon è un altro tassello di un percorso che, sono certo, saprà destabilizzare lo scorrere del tempo.
Chertan: L’abisso, il vuoto, l’annichilimento fisico, interiore e mentale, sono l’unica strada per la rinascita.