A cinque anni dal golosissimo Te Amo i PaperogA tornano sulla scena del noise-core con un disco perfettamente inserito nel loro personalissimo stile. In pochi minuti Santa ci proietta in un viaggio caleidoscopio a velocità smodata. Li abbiamo contattati per scambiare con loro qualche parola e scoprire qualcosa in più sulla creatura PaperogA.
Ciao ragazzi, innanzitutto grazie per prendere parte a questa lista di domande. Il 2021 segna il vostro ritorno con Santa, una sberla incredibile in cui noise e grindcore si sposano alla perfezione, tutto all’interno del vostro personalissimo linguaggio che, a mio avviso, vi rende unici nel panorama. Ci raccontate qualche cosa riguardo questo lavoro discografico?
Grazie a voi per avercela proposta e grazie infinite per i complimenti, sono contento che ti sia piaciuto. E’ sempre un piacere vero vedere come la nostra musica riesca ad essere considerata personale ed unica, sono aggettivi che possono aiutarmi nell’introduzione a Santa. Se si ascoltano i nostri primi lavori, si percepisce chiaramente una struttura definita.
Con Te Amo, il nostro penultimo disco, i confini delle varie sezioni contenute nei pezzi, hanno cominciato a “sfocarsi”, ad essere meno netti. Le canzoni continuavano ad avere una struttura ben precisa che veniva però sempre meno percepita dal fruitore esterno, dato che l’esecuzione dei pezzi veniva pesantemente influenzata dalla foga e dall’istintività del nostro suonare. Questi tratti distintivi hanno condotto, anche su disco, a questa sorta di errore controllato che contribuisce a rendere le tracce meno sezionate, più vicine ad un flusso continuo di suono. Questa peculiarità nata con Te Amo è ancora più preponderante in Santa.
Sempre rimanendo su Santa, le due tracce “Ear Cleaner” creano una sospensione temporale, prendendo una breve boccata d’aria in mezzo ad una coltre di noise impenetrabile. In particolare, la parte 2 mi ha dato l’idea di qualcosa di legato al concetto di mantra, di ripetizione compulsiva (aspetto che comunque percepisco anche nelle canzoni più ‘tradizionali’). Come sono nate queste due tracce, come è avvenuta la composizione?
Si, esatto, sono dei momenti di decompressione. Il #1 è costituito semplicemente da campioni buttati lì e modificati per creare qualcosa di ispirazione vaporwave.
Il #2 invece è stato proprio creato da zero. Per testare un auto-tune riproducevo dei pezzi pop, settavo la scala dell’autotune in modo che fosse uguale a quella del pezzo riprodotto e cercavo di duettare con la canzone scelta, improvvisando dei cori o delle backing vocals. Nel caso di “Ear Cleaner #2” il pezzo con cui ho “duettato” è “Wrecking Ball” di Miley Cyrus. Ovviamente è un tipo di approccio ironico, niente di serio, la mia voce non è credibile e non pronuncio nemmeno delle parole esistenti, però una volta isolate le registrazioni, ho iniziato ad editarle e montarle. Da quelle sessioni di voce improvvisata è venuta fuori una traccia che ancora a distanza di un anno e mezzo riesce ad emozionarmi.
La scelta del nome della band. Come mai PaperogA? O, perché no?
Larry custodisce questo segreto, a me non è dato sapere, non facevo parte del gruppo quando è stato scelto. Non abbiamo capito nemmeno noi se ci fa schifo oppure no, l’unica cosa certa è che cambiare nome è complicatissimo. Ci abbiamo provato, ma ormai le persone sono affezionate al nome attuale. Inoltre, è assodato che un qualsiasi nuovo nome che potrebbe sul momento convincere sia me che Larry, quasi sicuramente farà schifo a tutti coloro che ci seguono.
Data la complessità della musica che proponete, non tanto da un punto di vista di virtuosismo, quanto nella circolarità ossessiva delle strutture, la sovrapposizione caotica di più idee musicali stratificate e bpm fuori dal comune, come avviene il processo compositivo delle vostre canzoni? In che modo lavorate alla realizzazione e agli arrangiamenti?
Questa domanda è complessa quanto apprezzata. Circolarità e stratificazione sono due elementi che apprezzo tantissimo nella musica che ascolto, mentre odio i virtuosismi, quando non finalizzati al risultato generale del pezzo. Per quanto riguarda i bpm, sono alti più per un fatto di, come dicevo prima ,istintività e foga, non tanto per un approccio speed, trash o grind.
Boh, sinceramente non c’è un processo definito. Per quanto riguarda Santa, l’aggiunta dell’elettronica è avvenuta dopo aver creato le parti di batteria e chitarra. Molto spesso per creare le parti elettroniche abbiamo campionato le chitarre, cosi da mantenere un contesto il più organico possibile. Uno dei commenti più belli ricevuti, riguardo I GOT $KILL$$, è stato “ non riesco a distinguere le parti della chitarra da quelle elettroniche”. Mi piacerebbe calzare di più su questo aspetto in futuro, magari anche con un approccio più quantizzato e meno caotico, cercando di sviluppare maggiormente la sovrapposizione di materiale sonoro.
Lavorare in duo è una lama a doppio taglio. Come mai il duo? Quali sono i vantaggi? Quali invece le limitazioni?
Passare da trio a duo è stata una transizione solo positiva per il mio punto di vista, si è più concentrati quando si costruiscono i pezzi, c’è uno scambio continuo e reciproco di idee. Per quanto riguarda il perché, semplicemente il bassista, che ha fatto parte dei Paperoga fino al 2018, aveva altre priorità ed ha lasciato il gruppo. Il non avere più uno strumento come il basso ci ha permesso di spingere di più con l’elettronica.
Dato il periodo che tutti stiamo passando, non posso esimermi dal chiedervi come avete affrontato (e state affrontando tutt’ora, anche in funzione della pubblicazione del disco) la pandemia e le restrizioni. Soprattutto dal punto di vista della band, oltre che di voi due.
Non è cambiato molto in realtà, suonavamo poco in giro prima e suoniamo poco ora. Le uniche conseguenze negative: abbiamo perso nove mesi durante l’uscita del disco, sarebbe dovuto uscire ad ottobre 2020 e non abbiamo potuto fare le prove e creare nuovo materiale per un anno praticamente, vista l’impossibilità di spostarci e la nostra molto poco sviluppata voglia di ribellione alle regole. Per quanto riguarda me, l’ho sofferta abbastanza, non tanto durante il primo lockdown, bensì più tardi, sulla media-lunga durata.
Potete farci una retrospettiva pre Covid e una previsione post?
Non voglio fare un discorso generale, conterrebbe troppe sfaccettature che non riuscirei a tenere in considerazione. Posso dire che, per quanto riguarda la mia esperienza, già prima del covid ho percepito sempre un’apatia generalizzata agli eventi, veramente pochissima gente che si lascia andare, me compreso. Questo brodo di situazioni “cool”, aperitivi e affini, dove la musica è inserita in maniera dozzinale e approssimativa, è un morbo degenerativo, soprattutto in un contesto provinciale come quello in cui vivo.
Spero che tutte queste restrizioni riescano a spingere le persone allo stremo, creando in loro un sincero bisogno di sfogo, di live appassionati e passionali, suonati da persone completamente dedite a ciò che stanno facendo, in totale simbiosi con quello che stanno suonando. Una proposta concentrata principalmente su musica adatta alla posizione seduta alla lunga annoierà, si sentirà sempre più il bisogno di farsi coinvolgere fisicamente da un gruppo di persone che buttano fuori l’anima su un palco . O almeno spero.
Il vostro genere è decisamente estremo. Come viene accolto dal pubblico? E’ un genere che funziona meglio in Italia oppure ci sono realtà all’estero in cui questa proposta viene maggiormente compresa e apprezzata?
Non saprei dirti, abbiamo suonato raramente all’estero, ma non credo ci siano troppe differenze. Sicuro in Italia c’è parecchia gente che ha voglia di sorbirsi quello che facciamo.