Seguiamo la post-metal band ravennate Postvorta dagli esordi ed è un piacere vedere come e quanto sia maturata. In occasione dell’uscita del nuovo album di cui vi abbiamo parlato qui, abbiamo pensato di fare una chiacchierata con Dario Foschini (chitarra), cosi da poter apprendere ulteriori dettagli sulla band e su quest’ultimo capitolo della trilogia sulla nascita.
Benvenuto Dario, è da più di due anni che non parliamo di Postvorta su Grind On The Road, cosa puoi dirci riguardo il lasso di tempo trascorso dall’uscita di Carmentis ad oggi?
Sicuramente questi ultimi (quasi) tre anni sono stati intensi. Abbiamo speso praticamente tutto il tempo a nostra disposizione per comporre Porrima, e diciamo che non proprio tutte le situazioni si sono volte in nostro favore. Lo scorso maggio abbiamo registrato il disco e da allora stiamo cercando un nuovo equilibrio per iniziare a scrivere nuovo materiale e fare live.
Sappiamo che Porrima uscirà il 20 febbraio, cosa dobbiamo aspettarci da questo nuovo album?
Porrima è un disco oscuro e pesante, dura 86 minuti e lascia giusto qualche momento per prendere fiato. È diverso dai dischi precedenti, probabilmente anche per il fatto che è il primo al quale hanno partecipato tutti i membri in maniera attiva durante la composizione. Ciò non toglie che sia comunque profondamente legato ai dischi precedenti, sia per il concept, che per le sonorità, che personalmente percepisco come una naturale evoluzione di Carmentis.
Postvorta esiste dal 2009 e si può definire una realtà ben consolidata nell’underground nazionale, come si sono conosciuti gli attuali sei elementi che ne fanno parte e cosa li accomuna maggiormente?
Andrea, Nicola e Raffaele sono i tre membri che sono presenti dall’inizio. Io sono entrato a far parte dei Postvorta circa quattro anni fa, mentre si stava concludendo la composizione di Carmentis. Conosco Andrea da tempo, quando all’età di 15-16 anni uscivo la sera per andare al pub era proprio lui che serviva alcolici ai minori! Poco dopo è arrivato Mohammed, che abbiamo trovato in stato confusionale una sera all’uscita di un concerto dei Dragonforce (noi passavamo di lì per caso) e abbiamo subito pensato fosse la persona che faceva per noi. Matteo invece è una vecchia conoscenza (suona già con i The End Of 6000 Years con Nicola) e quando abbiamo avuto bisogno di un batterista che rendesse giustizia a Porrima abbiamo subito pensato a lui. Se mi chiedi cosa ci accomuna maggiormente, a parte i gusti musicali, in misure più o meno marcate, evidentemente affini, non saprei cosa risponderti… Che nessuno di noi ha la lettera P nel cognome forse, o l’amore per la minimal berlinese tra il 77 e il 79.
Mantenere integra ed affiatata una band non è mai una cosa facile o scontata, specialmente se si parla di confrontarsi con tante personalità. Adottate un metodo particolare per relazionarvi e comporre? Come nascono i vostri pezzi?
Hai perfettamente ragione, non è facile tenere insieme una band, soprattutto se numerosa, e infatti non sempre ci si riesce. Da quando il vecchio batterista ha preso la sua strada, però, in sala prove si respira un’aria decisamente più distesa. Ora la formazione sembra essere piuttosto solida, nonostante le difficoltà che comporta avere un componente a quasi 400 km di distanza. Come ti dicevo adesso siamo alla ricerca di un equilibrio, mi sento di poter dire con successo, ma abbiamo sempre le dita incrociate, la storia insegna e la lista di ex componenti dei Postvorta è piuttosto nutrita. Per ogni pezzo c’è sempre stata dall’inizio un’idea anche solo sommaria di ciò che sarebbe poi stato una volta concluso. Un pezzo può partire da un’idea, anche solo un riff, che viene poi sviluppato in sala da tutti. Certo è che la formula compositiva “definitiva” (ammesso che possa esistere una cosa del genere) non sarà neanche quella che siamo stati costretti ad adottare in Porrima: viste le tempistiche estremamente ridotte Matteo ha dovuto comporre tutte le batterie in remoto, sulle pre-produzioni dei pezzi che gli mandavamo, che poi sono stati leggermente rivisti proprio per sposarsi al meglio anche con il suo modo di suonare.
Si dice che ciò che non uccide fortifica, dunque la vostra formazione non si può certo definire debole o di primo pelo. Ora che finalmente avete un po’ di stabilità avrete pensato anche alla possibilità di portare il nuovo album dal vivo; so che il 21 febbraio sarete al Cinetico Bike Bar, nella provincia di Ravenna in buona compagnia di Ottone Pesante, Hobos e Marmo – ci sono città italiane in cui non avete mai suonato e che vorreste raggiungere dopo la tappa romagnola?
Si, al Cinetico Bike Bar sarà per noi una serata davvero speciale: è da un po’ che, per i motivi di cui abbiamo parlato, non suoniamo dal vivo, sarà il release party di Porrima, ed è la prima data con questa nuova formazione, non vediamo l’ora! Successivamente abbiamo già qualche altra data confermata, ma è ancora presto per parlarne. Da quando faccio parte dei Postvorta quasi tutti i concerti che abbiamo fatto in Italia sono stati nel centro/sud Italia, dove torniamo sempre più che volentieri dato il calore incredibile col quale ci hanno sempre accolto (ormai è come essere a casa), quindi direi che mi piacerebbe molto portare Porrima anche al nord, che so…Torino, Milano… Cogne magari!
Cogne sarebbe stata una tappa ideale per il tour promozionale di Carmentis, non credi? Sono sempre stato curioso di sapere cosa si cela dietro ai nomi che una band sceglie per sé e quale significato o simbologia vuole rappresentare. Come mai è stato scelto Postvorta e come mai Porrima? C’è forse un collegamento specifico?
Fa tutto parte di un unico concept. Postvorta è una dea romana legata alla nascita dei bambini podalici. Porrima (chiamata anche Antevorta) è la sua contrapposizione, e svolge la stessa funzione per quanto riguarda i bambini in posizione cefalica. L’album è l’ultimo capitolo di una trilogia iniziata con Aegeria e poi proseguita con Carmentis che sono anch’esse dee romane. Ad Aegeria si volgevano le donne incinte per auspicarsi il buon esito del parto, mentre Carmentis proteggeva la gravidanza stessa, ed era patrona delle lavatrici (quelle che ora sono le ostetriche). Anche i titoli dei brani sono tutti legati al medesimo concept, la nascita e il processo che conduce ad essa. Avendo concluso la trilogia non escludo che potremmo anche distaccarci da questo tema, sicuramente ci sentiamo più liberi anche da quel punto di vista.
È bello che ci sia un disegno abbastanza ampio dietro a qualsiasi progetto, questa trilogia un giorno sarà interamente disponibile anche in vinile? Come è nato il rapporto con Sludgelord Records?
Per ora non ci sono discorsi concreti per una produzione in vinile della trilogia, ma è una cosa a cui pensiamo già da un po’, soprattutto viste le richieste frequenti che riceviamo. Piacerebbe molto anche a noi e sicuramente ci metteremo al lavoro anche per fare in modo che ciò accada. Si tratta più che altro di trovare la formula giusta per fare si che venga fuori nel modo migliore. Il rapporto con Sludgelord è nato dopo un naturale interesse reciproco fin dal primo album. Beckoning light we will set ourselves on fire venne recensito dall’omonimo blog come un capolavoro del genere, da lì nacque un interesse comune. Aaron è una persona squisita con cui è un piacere lavorare e speriamo di non fermarci a questa produzione. Diciamo che se nello show business esistessero solamente persone come lui e Roberto Mura della Third-I-Rex sarebbe molto più piacevole lavorare con le etichette. In quello che fanno mettono sempre il 110% dell’impegno e della passione.
È strano sentire parlare di show business in questo ambito, oltre alla passione quali sarebbero i requisiti importanti per un’etichetta che si propone di produrre un album dei Postvorta?
In effetti show business detto così suona forse un po’ più grande di quello che volevo intendere, mi riferivo più che altro alle situazioni che ruotano intorno ad una realtà come la nostra. Non è che esistono dei “requisiti per poter lavorare con i Postvorta”, però sicuramente è necessario essere sempre corretti e professionali il più possibile, e potranno sembrare cose banali ma capita di imbattersi anche in discorsi nei quali non sono cose da dare per scontato.
Certo, sono requisiti importantissimi che entrano in gioco anche quando si entra in studio a registrare. Come è stato tornare dal Paso allo Studio 73? E invece cosa si può dire dell’eccitante collaborazione con Magnus Lindberg dei Cult Of Luna?
Paso lo consideriamo il settimo membro della band, tornare da lui è sempre un piacere, sul piano lavorativo quanto su quello personale, sa perfettamente quello che vogliamo e lavorando insieme si riesce sempre a rendere al meglio quelle che sono le nostre intenzioni comuni, non potremmo chiedere di meglio. Magnus lo abbiamo contattato perché sapevamo che sarebbe stato il top per una produzione di un certo livello, oltre al fatto che un lavoro fatto da lui è sicuramente un traguardo importante per noi. Abbiamo avuto anche modo di conoscerlo di persona e farci due chiacchiere quando è venuto a Milano con i Cult of Luna, è una persona veramente squisita, in quell’occasione ci ha fatto un sacco di complimenti e non serve neanche che ti dica quanto possa averci fatto piacere.
Insomma non sono mancate le soddisfazioni lo scorso anno. Concluderei questa intervista chiedendoti quali sono stati i tuoi dischi preferiti del 2019; ti va di consigliarne almeno uno italiano e uno estero?
Se dovessi scegliere i due dischi del 2019, quello estero direi Full of Hell – Weeping Choir, restando in Italia invece Haram – Questo è Solo Chaos. Come dici te, le soddisfazioni non sono mancate nell’anno appena trascorso, e ci auguriamo che possano aumentare nel corso di questo 2020!
Grazie della disponibilità, ci vediamo al vostro release party questo venerdì!
È stato un piacere, non vediamo l’ora di farvi sentire Porrima dal vivo, a venerdì!