Giunge al termine la serie di interviste che anche quest’anno siamo riusciti a realizzare al Venezia Hardcore, festival che si è dimostrato come di consueto una garanzia per il clima speciale che sa creare e per la musica in sé, che in questa edizione ha coinvolto stili eterogenei mantenendo sempre alta la qualità. Tra le band più attese figuravano i Riviera, formazione di riferimento della scena emo/punk fresca anche di pubblicazione del proprio terzo album, Sempre, la cui uscita risale allo scorso 18 aprile. In questa chiacchierata con Andrea Vasumini, cantante e chitarrista, c’è spazio per vari argomenti inerenti alla loro carriera e al loro stile, citando sì l’ultimo lavoro in studio, ma anche crescita ed esperienze vissute dalla band durante la loro carriera. Buona lettura!
Ciao! Grazie per la disponibilità e benvenuto sulle pagine di Grind on the Road. A caldo, quali sono le sensazioni prima di suonare in questo contesto speciale?
C’è un’atmosfera che speravamo di trovare, nel senso che non è semplice ritagliarsi dei momenti per fare queste cose, e sapere che ci sono contesti così validi invoglia a esserci, a prescindere che si suoni o semplicemente che si supporti, è proprio un discorso generale. Poi non c’è solo questo, ci sono tante altre realtà e oggi è un contenitore dove se ne ritrovano parecchie. Sicuramente essere qua è una bella opportunità.
Voi tra le band che suoneranno durante questa edizione del festival siete tra quelle più fresche di release, è da poco uscito il vostro terzo album, Sempre, e ti chiederei di parlarne, considerando anche che son passati diversi anni dal disco precedente, quindi immagino che la sua genesi sia stata travagliata.
Certo, non è semplice riuscire a trovarci, quindi per noi il tempo si dilata in maniera naturale senza darci delle effettive scadenze. Poi chiaramente, guardando indietro, si arriva in una situazione in cui dopo tanto tempo si hanno parecchie idee e viene voglia di chiuderle per andare poi a registrare. Fondamentalmente, considerando che di mezzo c’è stata anche la pandemia, i rallentamenti sono stati parte del flusso naturale delle cose.
E avete registrato anche questo disco in presa diretta come i precedenti?
Sì, esatto.
Dal mio punto di vista ogni vostro lavoro ha una visione diversa dell’emo, dai frammenti più introspettivi a quelli più diretti e accattivanti. Dal vostro punto di vista, come si è evoluta la vostra musica e come siete cresciuti voi come band?
Il tempo e il bagaglio dell’esperienza ci fa riscoprire un po’ ogni volta, nel senso della distanza nel nostro caso comprende anche un percorso di ognuno di noi, e quando ci si ritrova si mette tutto assieme. L’evoluzione ci sta, anche con la consapevolezza che un po’ sono cambiati i tempi, il modo di suonare, l’approccio e via dicendo, però siamo sempre noi.
E nel corso degli anni vicissitudini e cambiamenti vari nella vostra formazione che impatto hanno avuto nella musica?
Rispetto alla prima formazione abbiamo cambiato chi suonava il basso, e ora diciamo che si è un po’ allargato il concetto di band perché c’era una necessità di poter suonare, e aver trovato Leonardo, che è entrato nella band in maniera genuina, ha avuto una certa importanza, con il suo apporto sia chitarristico che al basso. Lui è anche uno dei pochi che ha studiato veramente la musica, quindi suoi interventi possono tornare utili e a livello di amicizia c’è un bel legame.
Tra l’altro, un elemento che contraddistingue la vostra formazione è la presenza della tromba come strumento. Tornando all’origine del progetto, l’idea di aggiungere questo elemento da dove è venuta fuori?
L’idea è molto forlivese, deriva da una formazione in cui suonavano Paride e anche Matteo, i Neil on Impression, band post-rock appunto di Forlì, ed è stato naturale unire la curiosità, l’amicizia e la voglia di passare del tempo assieme, e ha funzionato.
Nel corso degli anni in Italia, emo e screamo si sono evoluti grazie a tanti gruppi e tante realtà. Quando avete iniziato a suonare voi, oltre ai classici Raein e La Quiete, anche per una questione puramente geografica, c’era qualche influenza particolare che ha contraddistinto i primi anni di attività?
La nostra fortuna è stata vivere in quegli scenari nella nostra vita ordinaria, quindi è stata sì un’influenza a livello di ascolti, però anche parlando proprio di esperienze vissute assieme sul campo. Questo, così come organizzare concerti un po’ di ogni tipo coi vari collettivi, penso ci abbia permesso di fondare delle basi solide per poter continuare nel tempo.
Voi venite tutti dal forlivese, però col tempo come hai accennato è subentrata la distanza rallentando un po’ i tempi dei vostri lavori in studio, e immagino che anche per quanto riguarda il suonare dal vivo questa cosa abbia lasciato il segno. Nonostante ciò, in questi anni, ci sono state situazioni in Italia o all’estero che vi sono rimaste particolarmente impresse?
Sicuramente con la parte veneta di questo discorso c’è stato un legame fin da subito, una connessione che ci ha fatto piacere portare avanti, però credo che siano le esperienze di ognuno a livello di voglia di conoscere a differenziarci. Io parlo dalla mia, sia il collettivo Heavy Shows che quello cesenate hanno dato tanto a questa impronta di scambio, non solo suonare per il puro piacere di farlo ma anche perché c’è un ritorno. Oltre a Romagna e Veneto abbiamo trovato bei contesti in diversi posti in giro per l’Italia, a Napoli, Roma, Milano, e anche a Genova con Buridda, una realtà solida e importante. Abbiamo potuto sperimentare e vivere molto e ci riteniamo molto fortunati per questo.
Negli ultimi anni la scena che riguarda screamo, hardcore e generi affini sta passando un periodo florido e con molto interesse, c’è gente che suona ma anche che fa suonare. Come la state vivendo voi che siete più esperti e frequentate questi contesti da molti più anni?
Credo che non si debba smettere di vederla in questo modo. È un braciere che si auto-alimenta di continuo, ci sta che ci siano periodi più attivi e altri meno, però molto lo fa l’interesse delle persone che partecipano in questi contesti. È proprio uno scambio vivo e diretto.
In chiusura, immagino che ora come ora i piani della band siano orientati verso il portare il disco dal vivo, senza pensare troppo al futuro.
Sì, fondamentalmente al momento non ci stiamo facendo particolari piani per il futuro.