Tra trame ipnotiche e monolitiche, psichedelia e un po’ di sana goliardia, considerando le tematiche inerenti all’erba, i Tons si sono costruiti con gli anni un’ottima reputazione nell’ambiente sludge/doom che segue le orme dei mitici Bongzilla. Li ritroviamo al Venezia Hardcore, mettendo in evidenza l’eterogeneità delle sonorità coinvolte nell’evento e ambientandosi al meglio, coinvolgendo con la stazza imponente e le atmosfere estatiche della loro musica. Prima del loro concerto, siamo riusciti a farci una chiacchierata, addentrandoci nella loro carriera sotto diversi punti di vista. Buona lettura!
Ciao ragazzi, innanzitutto benvenuti su Grind on the Road. Vi ringrazio per la disponibilità, siamo nel contesto del Venezia Hardcore e vi chiedo: da gruppo sludge/doom quale siete, come vi sentite a suonare in questo festival che riguarda prevalentemente generi non propriamente affini con le vostre sonorità, pur avendo molta varietà.
Paolo (basso, voce): Ciao, grazie a voi. Tutti noi quattro arriviamo da band hardcore del periodo fine ’90 primi ’00 (Lamatematica, The Redrum, Slaiver, Woptime), poi a Torino è un genere che è sempre stato molto sentito, quindi ci sentiamo a casa in questo contesto, siamo molto felici di suonare qua.
Come vi siete spostati dall’hardcore verso le sonorità che effettivamente suonate?
P: È stata principalmente “colpa” dei Bongzilla. In quegli anni girava molto un catalogo di vendita per corrispondenza, si chiamava Negative, parliamo della seconda metà/fine degli anni ’90, in cui ho visto questo gruppo (il nome già diceva molto) con tutte copertine sulla ganja. Ricordo che ho comprato Stash (1999, Relapse Records) appena uscito a scatola chiusa, e la prima volta mi aveva fatto cagare, non l’avevo capito, poi l’abbiamo riascoltato mesi dopo assieme in un pomeriggio di quelli giusti, con l’additivo giusto, e ne siamo rimasti innamorati. Da lì abbiamo iniziato a scoprire e seguire il genere, per cui, sempre con Steuso, dopo i rispettivi fallimenti delle proprie band hardcore, ci siamo beccati una sera e ci è venuta quest’idea di fare un gruppo sludge, è nato tutto così.
E nel corso della vostra carriera avete avuto una formazione abbastanza stabile, o sbaglio?
P: Più o meno, prima avevamo un altro batterista, Marco (anche lui ex TOHC con Noinfo), che per delle traversie personali e lavorative ha lasciato la band, nel frattempo avevamo preso l’altro Paolo come chitarra solista. Lui in verità gravitava attorno a noi un po’ da sempre.
Steuso (chitarra): Esatto, avevamo registrato da lui il primo disco in cui aveva anche partecipato come chitarra per degli overdub. Il tutto è stato naturale, siamo tutti amici da decenni. Poi ha dovuto sostituirmi in un tour e a quel punto è rimasto in pianta stabile.
P: In quel tour c’era Andrea che suonava la batteria in un altro gruppo, un po’ ce lo siamo lavorato (ride), chiedendogli di venire a suonare con noi, all’inizio tentennava, ci ha detto che avrebbe solo registrato il disco, ma col tempo e le nostre buone maniere dal 2018 è in formazione, andiamo molto d’accordo e siamo diventati la tipica band/famiglia disfunzionale.
E a riguardo volevo chiedervi, considerando questo, quante cose sono cambiate nel corso degli anni nel vostro approccio alla composizione, e se invece ci sono aspetti ormai stabili.
P: Una cosa che è cambiata è che ora i pezzi li scriviamo tutti e quattro, ognuno contribuisce a modo suo e si sente la differenza rispetto a prima.
Invece, per quanto riguarda le tematiche, parlate chiaramente molto di erba e droghe, argomenti che in questo filone dello sludge sono molto diffusi, però avevo anche letto che vi ispirate alle storie più occulte e misteriose di Torino…
P: (ride) Questo è un falso mito, lo sfatiamo. Il primo disco sì, vagamente parlava di quello nel titolo, però poi i testi parlavano di erba e deliri annessi. Noi sostanzialmente parliamo di stronzate, tra cui l’erba nelle sue più multiformi sfaccettature, diciamo che siamo un gruppo che non si prende troppo sul serio.
Tra l’altro nella vostra carriera avete pubblicato un paio di split: uno coi Bongzilla, già citati in precedenza, e uno con i Lento. Nell’approccio alla composizione di questi lavori, alla fine le tematiche quelle sono, immagino, ma musicalmente è stato tutto abbastanza naturale oppure avete cercato un compromesso con lo stile delle band coinvolte?
P: Soprattutto per lo split dei Bongzilla ci siamo sentiti stimolati da paura, perché dovevamo fare LA performance, in uno disco con loro dovevamo e volevamo essere all’altezza. Ci siamo particolarmente impegnati, abbiamo fatto il pezzo da venti minuti. Siamo orgogliosissimi di questo, c’è addirittura un assolo di basso(!), è stato un grande stimolo dato che è un lavoro a cui tenevamo particolarmente.
Andrea (batteria): Poi l’abbiamo composto nel periodo di lockdown, per cui abbiamo avuto molto tempo per lavorarci ed è venuto fuori bene.
Voi siete anche un gruppo che suona abbastanza dal vivo, e vi chiedo in giro per l’Italia e per l’Europa se avete trovato qualche contesto o qualche scena locale che vi ha colpito in particolare, o qualche ricordo anche divertente che vi portate dietro.
P: A Dresda abbiamo trovato sicuramente uno degli scenari in cui ci hanno accolto con maggiore calore, ma anche Salisburgo, Berlino (e praticamente ovunque in Italia), quando ci abbiamo suonato c’era sempre molto calore. L’anno scorso ci siamo divertiti un sacco al Desertfest di Londra, per andarci siamo arrivati come dei pellegrini in aeroporto dato che non sapevamo come portare gli strumenti, c’era questo mito dell’extra seat che non sapevamo gestire, e siamo arrivati con praticamente le due chitarre e il basso tenute insieme con lo scotch in un menhir gigantesco. Arrivati là, ci hanno chiaramente smontato tutto, e il personale (stranito e divertito) ci ha poi aiutati a rimontare il menhir con lo scotch “airport security”, dopo averci naturalmente controllati e fatto varie domande sui nostri inseparabili vaporizzatori. Scene allucinanti, però bellissimo, vale la pena suonare solo per vivere certe situazioni che in altre maniere non avremmo mai vissuto! Ah, ci siamo portati delle gocce di THC e fatto un casino incredibile per i pochi giorni in cui siamo stati in terra inglese. A quello in Belgio, invece, non si trovava niente da fumare (ride), incredibile, eravamo a 20 minuti dal primo coffee shop olandese e nessuno delle band ci aveva pensato! Noi, naturalmente, siamo passati tassativamente in Olanda per questo, a costo di arrivare un minuto prima di suonare, quindi ci è toccato dopare tutti (cosa che ci succede sovente devo ammettere). Abbiamo anche molti ricordi legati a viaggi della speranza in furgone, l’estate scorsa ad esempio dovevamo andare da Salisburgo a Milano (tratta che normalmente si percorre in 6 ore), per un concerto in cui dovevamo suonare con gli High on Fire ed eravamo davvero gasati. Siamo partiti la mattina presto, come fanno quelli bravi, ma era il 2 giugno, abbiamo fatto coda a passo d’uomo da Salisburgo a Brescia per cui ci abbiamo messo (solo) tredici ore. Siamo arrivati sderenati, scesi dal furgone siamo saliti direttamente sul palco, 10 minuti in più e avremmo bucato il concerto.
Per quanto riguarda la musica in studio, ogni disco è una storia a sé oppure vi portate dietro molto tra un lavoro e l’altro? Questo anche in ottica futura, se avete piani, se siete in fase compositiva o altro.
P: Stiamo assolutamente pensando a nuova musica, ci stiamo lavorando. Ogni disco è un po’ un’evoluzione dell’altro, c’è sempre qualcosa in più e i lavori sono anche influenzati dai nostri ascolti in quel periodo. Comunque sì, siamo assolutamente in fase compositiva e vorremmo registrare tra non troppo, e anticipo pure che a settembre uscirà uno split con i Viscera/// tramite Subsound.
Per chiudere l’intervista vi faccio una domanda un po’ particolare: voi suonate sludge/doom ma venite dall’hardcore, una collaborazione dei sogni tra band di questi due mondi?
Paolo (chitarra): Io dico Conan / NOFX.
Paolo (basso, voce): Io ho pensato a Melvins e Black Flag, oppure pensando all’erba veniva in mente Bad Brains e Sleep, con loro due assieme verrebbe sicuramente fuori qualcosa di potente.
S: O altrimenti un classico Anna Oxa e Slayer, lei lato A, gli Slayer lato B (risate).
Ottimo ragazzi, vi ringrazio, ci vediamo dopo!
Grazie a te!