VIII è un progetto musicale di Cagliari, una creatura oscura e violenta che l’anno scorso ha sfornato il suo secondo album, Decathexis, un’intrigante fusione di vari generi partendo dal black metal moderno.
Abbiamo voluto parlarne con il “padre” di questa creatura, per capire cosa c’è dietro a questa entità così disturbante.
Allora iniziamo con le domande basilari, qual è la storia di VIII?
Fondamentalmente VIII nasce nel 2010. Non credo ci sia dietro una storia particolarmente interessante da raccontare a chi domanda e chi leggerà, una banale cronistoria disco dopo disco, non mi sembra possa esser di particolare interesse.
Perchè il numero 8?
VIII stà per “Hate”, una semplificazione per non render particolarmente banale il moniker.
Da poco è uscito il vostro secondo album, Decathexis, per Third-I-Rex. Cosa ti ha spinto a trattare il tema dell’asocialità e del nichilismo come una patologia mentale?
Il tema in sè non voleva esser trattato come una patologia mentale, cosi come nichilismo e associalità sono una parte del concept dietro Decathexis. Ovviamente non si vuol correggere una percezione o visione di chi ascolta l’album, anche perché le componenti da te nominate sono sicuramente importanti.
E’ stata utilizzata la “terminologia” medica fondamentalmente come descrizione/caratterizzazione delle fasi nel processo di “caduta” del soggetto analizzato. Il creare un quadro clinico definitivo è utile per collegare i passaggi del concept analizzato e segmentare le tre fasi di “coscienzialità” del soggetto.
Tornando a parlare di quello che c’è oltre alla musica, come giudichi il nichilismo moderno di Brassier, Thacker e Ligotti? Hanno avuto un influenza sulla stesura dei tuoi pezzi?
I primi due non li conosco mentre di Ligotti adoro i suoi racconti, molto onirici e terrificanti. In ogni caso direi che nessuno di questi nomi ha influito sulla stesura del concept.
Vorrei tornare sulla prima domanda però, VIII è nato dalle tue mani, ma perché è nato? Perché l’odio come fulcro di tutto il progetto?
Nella nostra esistenza siamo costantemente in balia delle emozioni e sensazioni che ci formano e indirizzano, fino a definire il nostro esser come individui nel mondo. In questo contesto si creano contesti e concetti morali che da individuali si generalizzano, fino ad esser visti come dogmi esistenziali. Perché quindi l’odio come sentimento eletto per descrivere l’entità VIII? Perché l’odio è per antonomasia distruttore, antagonista, rifiuta fino al risentimento ogni aspetto “esistenziale” portando colui che odia a eliminare l’odiato, creando quindi una rottura che, se attuata all’interno del nostro essere, può anche aprire abissi e rotture ontologiche. Cosi puoi ben capire come questo diventi il fulcro d’interesse, la vera chiave di lettura per comprendere e approcciare un esistenza che, soprattutto in questa epoca, non concede alternative.
Quindi è sbagliato parlare di asocialità nel analizzare Decathexis, perché implica un distacco emotivo e fisico dall’interazione con altre persone, ma più una misantropia come arma di difesa?
No, non è assolutamente sbagliato anzi, l’odio non può che portare anche a reazioni quali misantropia, quindi asocialità e distacco. Questo però non tanto come “difesa” quanto come “reazione” a questo odio. Un animale, un uomo di bassa levatura vivrà un esistenza carica d’odio, contro tutto e tutti, fino a renderlo un animale inferocito o, peggio, un patetico perdente che nasconde le sue pochezze dietro l’odio che nutre per gli altri. In questo caso, l’incapacità di relazionarsi, l’eliminazione dei limiti stessi che ci rendono persone, ci portano ad un più alto comprendonio. L’esistenza quindi cambia di livello, e capiamo che l’argine che l’odio ha distrutto c’ha resi ora staccati e quindi indifferenti a tutto.
Quindi l’odio è una forma di elevazione del singolo? Ma anche se tutti possono accedervi non tutti possono migliorarsi?
Non proprio elevazione, l’odio è un istinto animale, se vogliamo. Come detto, alcuni vivono di questo istinto, restando in uno stato ferino, bestiale. Quest’odio può esser un sistema di difesa da incapacità personali o ferite reiterate; l’odio di cui parlo io è un veicolo per l’elevazione se vogliamo usare questo termine; in realtà l’odio ti porta in basso, ci schianta contro ogni avversità, e ci riduce a brandelli. Da questo dobbiamo capire i nuovi aspetti di un esistenza differenziata.
Io penso che i sentimenti siano una cosa che appartiene all’uomo, gli animali sono dominati dall’istinto, che non perde mai di senso, credo che i sentimenti siano un’evoluzione degli istinti primari di ogni essere vivente, la riproduzione giustificata dall’amore, l’autodifesa giustificata dall’odio.
Sì, son d’accordo, essendo infatti, i sentimenti, “mutazioni evoluzionistiche” di istinti animali, non ci si può basare su questi per elevarsi ma solo usarli come mezzo.
Pensi che l’estinzione dell’uomo avverrà nel momento in cui il singolo arriverà al punto di rottura tra istinto e ragione? Quando raggiungerà il pieno controllo della sua coscienza e del suo corpo da liberarsi dell’ultimo istinto animale rimasto, la riproduzione?
Domanda da un milione di dollari, non credo che la “piena coscienza” implichi per forza l’astensione dal riprodursi, cosi come non credo che la coscienza sia fondamentalmente “atea”, intesa come contesto razionalista dei giorni nostri. Come dice Ligotti, l’uomo, che esista o meno, non cambierà il corso della natura, anzi, in fin dei conti l’uomo stesso è sempre e comunque parte della natura di questo pianeta. Magari siamo stati creati per un fine, che è distruggerlo, quindi potrebbe esser una delle tante prese di coscienza utili al fine, procreare servirebbe in tal caso a tale scopo e noi dovremmo coscientemente farlo; è una domanda veramente difficile da rispondere, soprattutto se lo volessimo rendere oggettivo; cioè, se volessimo rendere il contesto e l’uomo oggettivamente.
Riprendendo la citazione di Ligotti, l’uomo pecca nel proclamarsi specie eletta e non parte di qualcosa di più grande, cioè un essere vivente. Anche se il pianeta su cui abitiamo venisse raso al suolo dall’uomo, la vita sopravvivrebbe, quello che ci spaventa è che l’uomo non sopravvivrebbe.
Non son d’accordo con Ligotti ma, si, questa può esser una chiave di lettura del discorso fatto poc’anzi.
Se l’odio è la causa, la decadenza è l’effetto. Non c’è bontà, amore o altri sentimenti felici nel mondo di VIII, è una caduta senza fine all’interno di un mondo sempre più contorto e senza senso, perché?
In ogni caso, la bontà, l’amore e i cosiddetti “sentimenti felici” non sono parte di VIII perché questi non creano alcuna sorta di contrasto e antagonismo/agonismo nella formazione esistenziale che VIII va sviluppando/cercando. Non c’è alcuna teoria escatologica dietro a VIII, questo è verissimo, perché ogni dottrina in linea di massima presuppone un fine ultimo. Nel mondo di VIII non c’è un fine ultimo, non vivo per esser salvato da nessun entità, non conduco l’esistenza secondo concetti morali che mi portino alla salvezza, che sia in vita come dopo la vita. L’esistenza in sé non ha nessuno di questi fini, al contrario deve diventare un percorso tortuoso, una costante caduta, una corda in costante tensione, contrasto senza fine…è chiaro come questo non può attuarsi in nome dell’umanità perché non è logico immaginarsi l’intera razza umana vivere tale tensione.
VIII è un tuo demone interiore, lo cerchi di combattere o lo accogli?
Non proprio demone, VIII sono gli occhi vigili e consci di un decaduto ma può anche fungere da demone, sia nell’accezione cristiana che in quella greca. Guida e avversario.
Non era inteso come significato religioso, ma come metafora di una pulsione interna che percepiamo come maligna.
No, allora non la definirei tale, non ha niente di maligno. Lo definirei, ripeto, lucidità terrifica.
VIII è una creatura per pochi?
Questo non sta a me dirlo, i fatti sentenzieranno se VIII è una creatura incomprensibile o al contrario, massificante.
L’esistenza quindi è sacrificio, mancanze e false speranze, una visione pessimista quella di VIII, ma il suo mondo è il nostro o vive in una dimensione parallela?
L’esistenza di VIII è una distopia si potrebbe dire della nostra realtà, la realtà VIII vede con occhi ipercritici, si ciba quasi delle negatività e non accetta altri aspetti dell’esistenza umana. Non è una vera dimensione parallela, è come una lente d’ingrandimento su un determinato aspetto. Piccolo appunto che vorrei fare, l’esistenza e quindi l’esistenzialismo qui nominato, non è ascrivibile in alcun modo alla corrente filosofica che fece capo a Sartre e che quindi si riduce ad umanesimo, ateismo et similia.
Lui è sensibile solo ad alcuni aspetti dell’esistenza, non conoscendo altri sentimenti e emozioni. Ricorda le radici del black metal scandinavo, dove solo la violenza e l’odio incondizionato regnavano su tutto. Violenza e odio come entità indipendenti dall’uomo.
No, sicuramente ogni aspetto preso in esame da VIII è strettamente relazionato al contesto umano; altrimenti perderebbe ogni logica. Di suo VIII non parla di violenza; lo sguardo è, soprattutto in Decathexis, rivolto ad un aspetto che scaturisce da un odio iniziale, come detto prima; quindi non ci si focalizza sull’odio, la violenza e la distruzione, ma su ciò che questo ha distrutto, sulle rivelazioni palesatesi una volta distrutti gli argini. Non avrebbe in tal contesto parlare d’amore, di speranza, tutti concetti/sentimenti che non creerebbero particolari rotture ontologiche. Il mondo moderno, con il suo aspetto “pacifista” sonnecchia, come un uomo in overdose, in questa calma e placida esistenza sotto l’egida dell’amore.
Quindi in Decathexis c’è l’accettazione di qualcosa, non per forza specifico, ma qualcosa venuto alla luce da una rottura interiore.
Sì assolutamente sì, ma non l’accettazione come rassegnazione, alla fine del concept, il soggetto, colto il vuoto e la decadenza circostante, supera ontologicamente parlando il suo essere, annientandolo deliberatamente. Un’azione decisa quindi, non una remissiva resa.
Un passaggio obbligato per superare un punto cruciale.
Esattamente.
Cede all’odio per distruggere una debolezza?
No, ribadisco, il discorso è simile ad un “aprire gli occhi” non cedere dopo stenua battaglia. Non c’è alcun dualismo per cui una cosa deve esser mantenuta ed una sconfitta/persa. Esempio banalissimo, pensa a Babbo Natale. Credi in lui poi un giorno ti rendi conto che è una cazzata dei tuoi genitori per tenerti buono e che i loro doni non sono di babbo natale, ma acquistati nel super mercato.
Idea banalissima ma chiarifica molto l’idea!
Quale sarà l’evoluzione di VIII?
VIII è una realtà amorfa, è quindi difficile pronosticarne un’evoluzione. Potrebbe non esserci alcun futuro per VIII cosi come un nuovo album o split. Per ora non c’è alcun futuro per VIII, tutto s’è fermato con Decathexis.
Personalmente credo che abbia ancora qualcosa da dire VIII. Vuoi aggiungere altro?
No niente da aggiungere vostro onore, direi che ci siam detti molto.
Ma oltre a VIII hai o hai avuto altri progetti?
Beh sì altri progetti sì, ma mai portati a termine, ho suonato in svariate band locali ma non ho mai concretizzato niente di particolare o interessante, almeno dal mio punto di vista
Grazie per il tempo che ci hai dedicato, vuoi aggiungere altro?
Grazie mille a te per la pazienza e la “conversione” ad uno stile d’intervista “alternativo” vista la mia cattiva propensione alle classiche interviste.