Dovendo effettuare una scrematura all’interno del panorama black metal odierno (specialmente per la produzione che aderisce a certi canoni post-2015), la selezione è di entità quantomeno cospicua, dato il numero di band che bisogna considerare come significative nell’arco dell’ultimo lustro di vita del genere. Innegabilmente però l’est-Europa ha avuto, ed ha tuttora, un ruolo di incomparabile importanza al riguardo, avendo contribuito a generare una nuova ondata di black metal che viviamo tutt’oggi. A controprova di quanto asserito vi sono band come gli ucraini Grave Circles,formatisi proprio nel 2016 (come duo, da membri degli ormai sciolti Goatflesh), il che farebbe pensare, anche abbastanza facilmente, che la scintilla creativa sia stata generata dal fervore artistico del suddetto panorama che ha caratterizzato l’est europa proprio in quegli anni. È con il proprio secondo album, dall’austero titolo Tome II, che la band oggi costituita da quattro membri vuole sì prendere parte alla corrente contemporanea (da non intendere come sperimentale) del black metal, ma allo stesso tempo vuole passare il metaforico esame che la farebbe attestare tra le entità odierne e significative del panorama in cui va ad inserirsi. L’album è uscito l’8 marzo dell’anno corrente, in CD e vinile 12”, tramite la francese Les Acteurs de L’Ombre Productions, che produce ed ha prodotto nomi ai quali prestare particolare attenzione (Bait, Au Dessus, Regarde Les Hommes Tomber, Paramnesia, Penitence Onirique per citarne alcuni, tra roster attuale e passato).
Già dal nome dell’album, preceduto dall’EP Tome I, viene da chiedersi se il canone di serializzazione del titolo (così come molti altri elementi presenti in Tome II) sia il risultato di una stretta esigenza espressiva dedita al minimalismo ed all’austerità, oppure se rispecchi la volontà di volersi inserire in un determinato contesto musicale oppure, ancora, se sia scaduta in un mero copia-incolla, già messo in scena da diverse altre band contigue. L’ultimo opus dei Grave Circles però è da approcciare sì con l’eventuale esperienza del veterano, ma senza nutrire gli ormai quasi imprescindibili pregiudizi sull’originalità dei contenuti, che potrebbero perfino essere alimentati sin dal primo riff dell’opening track “Both of Me”, che ricalca pienamente la melodicità, la larghezza e la cantabilità esibita dai dettami dei Mgła, band che qui rappresenta un’enorme influenza. A diradare tali perplessità però concorre immediatamente la stessa opening track che, sempre nelle prime battute, presenta un riff in tapping dove l’atmosfera si distacca dal mood strettamente black e riecheggia, restando in Francia, i fasti di Deathspell Omega e Blut Aus Nord. Da qui notiamo il significativo passo in avanti rispetto a Tome I, difatti il secondo capitolo discografico degli ucraini si presenta come un opera più eclettica, e per questo acquisisce di originalità e ragion d’essere facendo attecchire le proprie radici nei terreni più fertili del black contemporaneo, ma anche nel black/death metal che viene dispiegato nelle sezioni più furiose, riprendendo la lezione dei Behemoth (di Demigod ed Evangelion) e dei Nile come testimonia fermamente il brano di chiusura “Abstract Life, Abstract Death”, sia per ritmi che per armonie.
Se gli elementi finora esaminati sarebbero già sufficientemente convalidanti per asserire l’autenticità e la qualità di Tome II la controprova la si ha nel constatare che il tipo di riffwriting e la melodia (anche se sicuramente ispirati a nomi ben più blasonati) si caratterizzano di un’autenticità dettata dalla brillante rielaborazione e dal buon gusto con i quali vengono trattati, esibendo una palette emotiva ampia, che espone melodie ora perseguitanti, ora annichilenti, ma che, magari anche nello stesso brano, poi vengono tramutate in malinconiche e riflessive, complici anche le vocals polivalenti di Baal, che risultano di alto livello (sia tecnico che espressivo), nonché sempre adeguate al contesto in cui vengono inserite, non conoscendo momenti di crisi. Tuttavia Tome II vede alti e bassi, nonostante l’impegno e la passione viscerale evidentemente dimostrati, alternando coinvolgenti momenti attestatili ai massimi livelli espressivi, a soluzioni che vanno rivedute, apprezzabili per intento ma non per esecuzione. Tra quest’ultime l’inserimento del trombone nelle tracce “Predominance” e “Abstract Life, Abstract Death”, che sarebbe potuto essere tra gli elementi più brillanti del disco ma che, sia per come viene introdotto nel contesto, sia a causa del tipo di melodia esposta (al limite del bandistico), che per timbro poco interessante, invece risulta poco a suo agio con il resto delle composizioni, facendo attrito proprio laddove dovrebbe unirsi con agilità. L’ottone però è un elemento che varrebbe la pena riprendere in una terza release, seppur con i dovuti accorgimenti, comunque apprezzandolo in Tome II almeno per l’intenzione dell’esperimento. Il mix ed il mastering di Engwar (anche guest lead guitar in “Both of Me”) magnificano le qualità della band, conferendo all’album un comparto tecnico ottimo ed in linea con gli standard di qualità sonica odierni, giocandosi di tanto in tanto alcuni assi dalla manica come automazioni di panning ed un crescendo di campane tibetane che senza un adeguato intervento tecnico/creativo non sarebbe stato possibile eseguire.
Dunque Tome II rappresenta un significativo secondo capitolo discografico per la band slava, pur non essendo il passo fondamentale che valica il confine che porta alla piena maturità. Ciononostante il primo full length dei Graves Circles assume un’identità peculiare nella sua distintiva poliedricità, attingendo dal miglior black (/death) metal contemporaneo e contestualizzandolo brillantemente secondo la propria espressione. La ricerca in questa istanza è effettuata con gusto, dimostrando l’esperienza pregressa dei musicista coinvolti nella line-up che, anche per questo motivo, rendono Tome II un disco pregevole, che indubbiamente presenta alti e bassi, ma che proporzionalmente espone molti momenti indiscutibilmente godibili e poche (anche trascurabili volendo), incertezze, comunque compensate da un song/riffwriting d’eccellenza che non lascia indifferenti, anche rispetto a nomi molto più conosciuti, e che con agilità riesce ad insinuarsi ed a trovare il suo posto nella mente e nell’interiorità del fruitore.
(Les Acteurs de L’Ombre Productions, 2020)
01. Both of Me
02. Predominance
03. Faith That Fades
04. Thy Light Returneth
05. When Birthgivers Recognize the Atrocity
06. The Unspoken Curse
07. Abstract Life, Abstract Death