I supergruppi non sempre mantengono le promesse. La storia musicale è piena di occasioni mancate, di volevamo ma non ci siamo riusciti, di piatti dal buon profumo ma tragicamente insapori. Non è il caso degli Human Impact; non lo è stato al tempo del debutto, quattro anni or sono, e nemmeno lo è ora con questo Gone Dark, nonostante il cambiamento di mezza formazione. Escono Phil Puleo (Cop Shoot Cop, Swans) e Chris Pravdica (Swans), entrano Eric Cooper (Made Out Of Babies) al basso e Jon Syverson (Daughters) alla batteria. In seno alla band restano i due leader, Chris Spencer (Unsane), chitarra e voce, e Jim Coleman (Cop Shoot Cop) alle tastiere, synth, samples e rumori assortiti. Con i nomi appena elencati, anche senza aver mai sentito una singola nota del disco, è normale guardare al noise rock, a New York, a quel monolite musicale che sono stati gli Unsane ed in parte la vista trova asilo in queste nove tracce. Non parliamo di una sterile riproposizione dello Spencer-pensiero e nemmeno di una facile scopiazzatura; ogni componente della band porta con sé qualcosa delle precedenti esperienze, musicali e di vita, perché il disco è tutto un raccontare l’asprezza di ogni singolo giorno, di chi cade, di chi fatica, di chi si arrende, di chi viene dimenticato.
I Nostri dipingono un quadro iperrealistico della società moderna; la copertina di Gone Dark, con quella casa popolare, il dispiegamento di forze antisommossa, il contrasto di colori tra i grigi ed il rosso delle scritte, rende ancor più densa la sensazione di trovarsi in una trincea. È lo stesso Chris Spencer a dirci questo: “Questa è una dichiarazione su come stanno andando le cose nel mondo in questo momento. La situazione poco fa era piuttosto brutta. Ora è addirittura peggio“. Quindi la band decide di musicare questo drammatico scenario in un modo forse inaspettato, ossia smorzando i toni. Le chitarre non sono mai troppo abrasive, i midtempo sono quasi delicati, eppure ogni singola traccia è una bordata in piena faccia. Una produzione pulitissima è l’arma in più per veicolare al meglio il messaggio finale del quartetto: non è finita fino a quando non è finita davvero.
La tensione, nemmeno troppo velata, che anima le tracce di questo comeback vibra sulla schiena, lasciando una distesa di brividi che faticano a scemare anche dopo l’ultima “Lost All Trust”, il brano più melodico, forse lo spiraglio che tutti noi ricerchiamo per non spegnerci definitivamente.
(Ipecac Recordings, 2024)
1. Collapse
2. Hold On
3. Destroy to Rebuild
4. Reform
5. Imperative
6. Disconnect
7. Corrupted
8. Repeat
9. Lost All Trust