Nel black metal convivono da sempre mille e più anime – tribolate – e mille e più modi di concepire il verbo della Fiamma Nera. Passiamo da dischi violenti e selvaggi ad altri gelidi ed introspettivi, arrivando a lambire i confini con lo spazio, le asettiche macchine industriali e, come nel caso dell’album in esame, il folk e la musica acustica e da camera. Kakophonix, la mente dietro il progetto Hvile I Kaos, partorisce un disco che prende le distanze dalla violenza tout court del black metal. Stacca la spina, via la corrente elettrica, le distorsioni, l’irruenza dei blast beat, lo screaming, celebrando un matrimonio con la pace interiore e l’amalgama poetica degli strumenti ad arco.
Quello che ne scaturisce è un lavoro intimista, dotato ugualmente di una sua verve, una potente carica emotiva. Gli archi sanno disegnare passaggi mozzafiato, evocativi nella loro grandeur, così come spesso esaltano la natura riottosa dell’animo umano. Il violoncello che macina note su note, sostituendo le chitarre elettriche, ma senza strafare, senza apparire quello che non è. Parafrasando un sommo poeta, si potrebbe dire che “sta mano po’ esse fero e po’ esse piuma” rende benissimo l’idea. Kakophonix compone un lotto di canzoni che diventano rituali, celebrazioni di un qualcosa che è più grande di noi, che aleggia sopra le nostre teste. Se ne percepisce la grandezza, la solennità, con melodie intense, cariche di pathos. Parliamo di un lavoro che parte dall’urgenza di un messaggio e di una filosofia, condivisibili o meno non è importante, e arriva a toccare il cuore – levigandosi con lo scorrere di acque tumultuose – donandoci emozioni incredibili. Personalmente adoro il suono degli archi. Hanno al loro interno tutto quello che posso desiderare dalla musica: eleganza, passione, romanticismo, ardore, pace e guerra, violenza, amore e morte. Quando questi strumenti vengono inseriti in un contesto storicamente più incline alla potenza, alla pesantezza, ecco che ne esce fuori una miscela esplosiva. Un boccone di cibo prelibato, che invade la bocca, turbina sapori, sensazioni, retrogusti. Lower Order Manifestations è tutto questo e ancor di più. Mani che accarezzano ciò che non è afferrabile, ricordi che fuggono via come polvere di stelle, la luce affievolita di una lucciola morente, il suo volo incerto, che punteggia la fine di una vita, mentre i tamburi, così viscerali e crudi, sottolineano tutto questo e gli archi erigono strutture affascinanti e impossibili da immaginare fino ad un attimo prima.
Kakophonix pare voglia chiudere qui il suo percorso con questo progetto e Hvile I Kaos non sbatte la porta, l’accosta delicatamente, un sospiro, un piccolo cenno con la mano, una nebbia leggera sulle spalle e l’orizzonte che inghiotte tutto. La fine, così dolce, così impetuosa, così grande.
(House Of Inkantation, 2024)
1. My Hatred Is Just
2. Locusts
3. Psalmody for the Child Offering
4. Shadowcast
5. Panic Sun
6. Smite
7. The Golden Eye, The Grindstone
8. Verity Thy Path