La band britannica IDLES torna sulle scene con un nuovo disco rock polveroso, il quinto della loro carriera. TANGK, prodotto e distribuito dalla label americana Partisan Records. è la dimostrazione autentica e personale di una maturità raggiunta, che invece nel precedente lavoro CRAWLER era concentrata verso altri orizzonti complessi e ricercati. Un album duro e sensuale allo stesso tempo, dove il cantante Joe Talbot ancora una volta mescola le carte e i suoi pensieri contorti con storie d’amore raccontate in modo personale ed energico, sembrando quasi che il sound martellante del passato lasci spazio a melodie più morbide che fanno sanguinare il cuore. Il risultato di questo ennesimo esperimento musicale tocca l’anima nel profondo.
Ma andiamo a snodare gli enigmi ipnotici di questa nuova fatica, trovando già una misteriosa e soffusa novità nell’apertura di “IDEA 01”. Una pulsante percussione inquietante si sveglia dal sottosuolo e un pianoforte dolce risveglia l’emozionante fiaba descritta da Talbot in chiave sognante e silenziosa. Segue il ruggito graffiante in “Gift Horse” su un perfetto stile sporco e travolgente, con una ritmica caotica che urla parole nauseate lasciando una vibrante cavalcata di basso e un ritornello gonfio di personalità. “POP POP POP” invece mette in chiaro le cose con un passaggio euforico racchiuso in una base riverberata e in una linea vocale calda che trasmette un chiaro segnale definitivo e sociale al mondo, una composizione oscura e originale. Con “Roy” le tematiche si fanno più leggere, seguendo un ritmo indie rock della batteria e il bridge acido stile Arctic Monkeys in una venatura più catastrofica. Il disco prende piede e un’emozione lunare e struggente avvolge le note di “A Gospel” su un pianoforte sgangherato che narra una poesia sensibile, mentre le seguenti “Dancer” e “Grace” compiono il salto più alto di questo lavoro: due canzoni che urlano di gioia in una danza tentacolare, alternando momenti ballabili a un dramma interiore. La seconda parte dell’album esplode in un rocambolesco passaggio post-punk di “Hall & Oates”, un inno brutale che ci trascina in un habitat emotivo e invadente, lo stesso discorso vale per la seguente “Jungle” con sfumature old school più noise e un chiaro accostamento ai primi The Stooges. Chiudiamo con il basso gonfio e rumoroso di “Gratitude” e una macchinosa esecuzione vocale lenta e dissonante, per poi arrestare il disco con “Monolith”, il brano più stravagante del lotto dove le note di sassofono aggiunte nel finale lasciano uno strano presagio riflessivo.
Nel complesso TANGK è un ottimo album con una grande potenza custodita al suo interno spalmata a dovere sulle undici tracce e acquisisce una produzione innovativa che ci lascia ancora tanta curiosità sul futuro della band.
(Partisan Records, 2024)
1. IDEA 01
2. Gift Horse
3. POP POP POP
4. Roy
5. A Gospel
6. Dancer
7. Grace
8. Hall & Oates
9. Jungle
10. Gratitude
11. Monolith