Ci dev’essere qualcosa di marcio nell’estremo Nordest italiano. Alle esaltanti prove di forza – in tempi e modi diversi – di pesi massimi dell’italico underground come The Secret e Grime, provenienti dall’area triestina, dobbiamo oggi aggiungere i pordenonesi John, The Void, che giungono alla seconda prova in studio dopo il buon esordio, autoprodotto, del 2014 (un corposo EP di trentacinque minuti).
I Nostri propongono un pesantissimo post-doom-sludge dalle tinte scurissime, solo in apparenza meno pesante rispetto alle altre band citate. Il disco consta di cinque tracce, per il notevole minutaggio totale di cinquantuno minuti: i John, The Void prediligono dunque le composizioni lunghe ed estenuanti, ed infatti ben tre tracce si situano tra i dodici e i quattordici minuti di durata. Il disco si apre con due pezzi che mettono subito in chiaro le intenzioni della band: “John Void” ed “Enter” procedono con pesantezza (e lentezza) pachidermica nel delineare un panorama desolato ed angosciante, che ci ha ricordato la proposta di due tragiche band svedesi, Moloken e soprattutto Abandon. Parliamo insomma di un doom-post pesantissimo, con una voce straziante, chitarre che giocano volentieri sulle dissonanze e – elemento questo da mettere in risalto – un uso abbondante dell’elettronica, che contribuisce ad aumentare il senso di alienazione. Ad essa è affidata non a caso l’intera “Obscurae Terrae”, abbagliante intermezzo ambient, ed un po’ in tutte le tracce scompare e riappare, fornendo alla band un’arma in più per mettere l’ascoltatore ulteriormente a disagio.
Nel complesso, l’album è davvero monolitico: così è stato volutamente concepito ma è, in parte, anche il suo limite. Ci pare che i John, The Void indugino talvolta troppo su soluzioni ripetitive che rischiano di annoiare (pensiamo alla citata “Enter” ed alla conclusiva “Season”), e che allungano il minutaggio in maniera, a nostro avviso, non sempre giustificata. È forse un po’ il limite di questo genere, eppure sia nell’EP d’esordio, sia in parte in questa seconda opera (ad esempio in “Neon Forest”, con una lunga fase centrale trainata da un riff che è quasi un assolo), la band friulana dimostra ampiamente di avere i mezzi e le idee per variare maggiormente la propria proposta, personalizzandola in modo da emergere in un ambito “post” mai così affollato. Li attendiamo fiduciosi alla prossima prova in studio.
(Dingleberry Records, Drown Within Records, Dullest Records, 2016)
1. John Void
2. Enter
3. Obscurae Terrae
4. Neon Forest
5. Season