Pur essendo attivo solo dal 2019, il progetto Lamp of Murmuur può già vantare un seguito non indifferente, il quale non ha fatto altro che espandersi con le numerose pubblicazioni che si sono susseguite in questi anni di carriera. Promotore inizialmente di un black metal quanto più ruvido e grezzo possibile, M., musicista dietro alla one-man band, è riuscito a farsi notare in una nicchia remota del metal estremo, con le atmosfere imponenti dei suoi pezzi che si sono distinte in un panorama che brulica di nuove formazioni ma con poche in grado di avere un certo impatto. Dopo una lunga serie di demo, split e album, Argento Records ha dato alle stampe Saturnian Bloodstorm, una nuova fatica acuminata e soprattutto orientata verso uno stile difforme rispetto a quanto proposto nei primi lavori.
Già col precedente album Submission And Slavery, datato 2021, era chiaro un senso di evoluzione nel sound del musicista statunitense, con il distacco da un black metal lo-fi e oppressivo per preferire una versione del genere dalle evidenti influenze gothic rock e post-punk, che hanno reso ancora più corpose le atmosfere tetre. Questo distacco prosegue anche con il nuovo disco, tuttavia mettendo in primo piano connotazioni ulteriormente differenti: in questa sede viene preferito un black metal dai suoni taglienti e carichi che rimanda a sonorità che hanno fatto la storia del genere negli anni Novanta. Sferzante e glaciale, l’ascolto inizia in maniera schietta con “Conqueror Beyond the Frenzied Fog”, la cui successione di riff è potente e a tratti evocativa, con melodie che si ergono imponenti, arpeggi graffianti e un assolo ben inserito. Il pezzo non brilla per inventiva, ma mette in chiaro l’impatto esplosivo dell’album, un assalto sonoro che richiama nomi emblematici del black metal, Immortal su tutti, introducendo ciò che ci si può aspettare dall’intero ascolto. L’avanzare esplosivo prosegue con “Hymns of Death, Rays of Might”, in cui la natura forsennata del brano spicca pur lasciando spazio a inserti più tetri, relegati al lavoro in secondo piano di sintetizzatori e cori. Dopo questi spunti schietti, “Seal of the Dominator” assume toni più imponenti ed epici con dei midtempo granitici, mentre nella seconda metà del lavoro sono presenti le due composizioni più lunghe del complesso, che non stravolgono le carte in tavola ma donano ulteriore possenza alla furia sonora evocata dal Nostro. “In Communion With the Wintermoon” è un brano che non rimane particolarmente impresso di per sé, ma nell’economia del disco appare comunque ben inserito col suo approccio semplice e diretto, mentre d’altro canto, la conclusiva title-track è un pezzo più solido, con passaggi travolgenti che calano il sipario sull’ascolto nel migliore dei modi.
Si fa apprezzare la volontà di Lamp of Murmuur di riformare il sound proposto con l’avanzare della propria carriera, scrollandosi di dosso lo spettro della staticità che potrebbe portare con sé un’ipotetica mancanza di inventiva in un’ottica a lungo termine. Con Saturnian Bloodstorm il musicista statunitense vira verso sonorità imponenti e glaciali che sì, ricordano nomi classici del black metal senza rivoluzionare nulla, ma comunque si fanno apprezzare, lasciando un segno netto e deciso nella discografia del progetto. Non è un caso se il nome della one-man band è circolato parecchio negli ultimi anni: con questo relativo cambio di rotta si mettono in mostra capacità compositive non indifferenti, che rendono l’album un flashback a uno stile tipico degli anni Novanta senza che risulti inespressivo.
(Argento Records, Not Kvlt Records, 2023)
1. Conqueror Beyond the Frenzied Fog
2. Hymns of Death, Rays of Might
3. Seal of the Dominator
4. Descending From the Aurora
5. In Communion With the Wintermoon
6. Saturnian Bloodstorm