Un polpettone fatto di pattume assortito, un’accozzaglia di monnezza che mescola particolari squallidi e macabri in un pot-pourri che farebbe gola pure ad un ispirato Suehiro Maruo: questo il biglietto da visita che ci presentano i Love Sex Machine, combo di origine francese dedito ad uno sludge senza compromessi, con il loro Asexual Anger, disco che già a partire dalla copertina si propone come un boccone assai indigesto.
L’occhio vuole la sua parte, si suol dire, e l’orecchio? L’orecchio ha un gusto talvolta più sviluppato del palato di uno chef. Ecco allora qualcosa per i vostri insaziabili e ingordi padiglioni auricolari: il disco è un guazzabuglio fangoso in cui si liquefanno le membra putride trafugate ai cadaveri di Cavity, Brainoil e Blutch. Vi basta? Se non avevate idee per la cena eccovi una buona alternativa alla minestra o un buon motivo per digiunare. A questo aggiungete la rabbia repressa che trasuda dall’umore del disco intero e che sembra evocare la via di mezzo tra una mancata erezione o una condizione di perenne impotenza (asexual?), e la furia lenta e inesorabile di chi è intrappolato in una condizione opprimente (anger?). Disperazione e frustrazione in slow motion, ‘voilà’ la ricetta. Ma c’è un ‘ma’: come tutte le ricette di successo che si rispettino, il rischio di stancare è sempre a due passi. Riff ai due all’ora che si trascinano per una manciata di metri fangosi e torturati, l’etica ed estetica dello sludge ingerita, vomitata e rimangiata secondo la tradizione, roba da far uscire dai gangheri i vari Cracco e Bastianich del metal. Forse siamo davvero ancora tutti qui a flagellarci i testicoli con reiterata convinzione, e a credere che il malessere lo si possa esorcizzare con tre quarti d’ora di musica fatta rosolare a fiamma lenta nel grasso di maiale, e che senza un po’ di idrocarburi la carne non abbia lo stesso sapore. Ma in fin dei conti chi l’ha detto? Dove sta scritto? Le costinate di pasquetta come le facevano gli Eyehategod sono solo più un bel ricordo e pure i fantasisti del genere sembrano essere entrati in un periodo di quaresima semi-permanente. Se la differenza sta solo più nella marca della salsa barbecue con la quale speriamo di insaporire un pasto sciapo allora siamo arrivati ad un punto fermo e di non ritorno. In questo devastato e depresso scenario i Love Sex Machine si presentano col sorriso sbarazzino di una Benedetta Parodi che se ne fotte di tutto e di tutti e ci dimostra che cucinare una sanguinolenta bistecca ai ferri sia ancora una pratica tanto comune quanto tutto sommato piacevole.
Già da subito l’apertura lasciata a “Asexual Anger” ci catapulta in un universo ben preciso. Gli Iron Monkey sembrano essere dietro l’angolo, i riff richiamano una miriade di altre band del genere, mentre la voce, monocorde e ostinata, risulta efficace proprio per la sua intransigenza e ci porta per mano attraverso ambienti claustrofobici e fetidi. “Black Mountain” abbozza un controtempo che è più un’allucinazione provocata dalle esalazioni che un’intenzione lucida di spiazzare l’ascoltatore, “Devolution” propone un incedere angoloso che fa pensare ad un gruppo djent in pausa sigaretta, “Infernal Spiral” manda il motore su di giri per i primi 30 secondi e poi ripiomba nei limiti di velocità consentiti dal genere. Purtroppo mancano episodi degni di nota, e in generale idee per risollevare un genere che si crogiola nella ripetizione perché non osa rigenerarsi o perché in fondo non sa far altro. Restano comunque degli ottimi suoni, stronzi e graffianti – soprattutto tenendo conto del fatto che il disco è stato interamente prodotto ‘in casa’ – e l’onestà intellettuale delle liner notes con le quali la band si presenta: zero interesse a scatenar rivoluzioni, ma un unico obiettivo, quello di stordirvi e deprimervi a morte.
In definitiva, il disco piove addosso a chi ascolta come una colata di liquame, ma scorre via lasciandoci in compagnia di un puzzo a cui siamo tutti – chi più, chi meno – avvezzi, e anche senza spingersi oltre a quella ristretta gamma cromatica di marroni che in troppi potevano prevedere. Consigliatissimo per tutti coloro che, il sabato sera – avvolti in una coltre di fumo nella semioscurità di un locale o nella propria camera – sentono ancora il bisogno di scuotere la testa a tempo di musica per purgarsi dei propri pensieri scomodi.
(Lost Pilgrims Records 2016)
01. Asexual Anger
02. Drone Syndrome
03. Black Mountain
04. Aujeszky
05. Devolution
06. Atrocity
07. Infernal Spiral
08. Silent Duck