E se queste fossero solo parole?
È questo l’incipit de La Malora, terzo capitolo della Trilogia del Fallimento che i Marnero hanno avviato con Naufragio Universale (2010) e proseguito con Il Sopravvissuto (2013). La sequenza dei titoli esprime abbastanza esplicitamente il concept della trilogia: un disastro, il tentativo di sottrarsene, la consapevolezza infine di non potervi sfuggire. Nel primo capitolo, musicalmente scarno ed essenziale, ecco il naufragio, la catastrofe; nel secondo – il più quadrato ed aggressivo dei tre – il sopravvissuto (o i sopravvissuti?) cerca un altrove, fugge per mare, il non-luogo che per definizione rappresenta una rottura con il proprio passato, con il mondo che si era conosciuto. Ora, però, gli scampati devono affrontare La Malora: inevitabile approdo di una ricerca destinata, in realtà, a non potersi concludere.
Il disco possiede un carattere quasi letterario (ed è infatti legato al libro omonimo, opera del cantante e chitarrista J.D. Raudo). I sopravvissuti al naufragio si ritrovano in una misera locanda ed iniziano a raccontare le proprie storie, sempre in sospeso tra realtà e dimensione onirica (sono forse, come ci suggeriscono i Marnero, solo parole?), verità e menzogna. Mentre nuovi personaggi si affacciano sulla scena, la situazione scivola sempre più verso l’inevitabile resa dei conti: e ciascuno di loro dovrà fare i conti con se stesso, e la consapevolezza che non esiste salvezza.
Sul piano strettamente musicale – ché, sì, è ora di parlarne – i Marnero compongono il loro disco più ricco e complesso, ancorato al post-hardcore che ne ha sempre contraddistinto il sound ma oggi abbellito, rispetto ai precedenti capitoli, da numerosi elementi sia melodici che ritmici, segnalando un miglioramento sensibile sul piano della scrittura. È il disco più vario, che riesce ad esprimere umori molto diversi grazie anche all’apporto dei numerosi ospiti – Bruno Dorella e Stefania Pedretti (OvO), Nicola Manzan (Bologna Violenta), Michele Stocco (Phobonoid) e altri – tanto da farne un’opera quasi corale, dal respiro molto ampio. La prima parte del disco segue un iter descrittivo il cui highlight emotivo viene raggiunto ne “L’ubriaco e il cieco”, il cui finale tocca un’intensità che ci ha ricordato i mai abbastanza rimpianti Fall of Efrafa (sebbene con meno veemenza). L’equilibrio si rompe distintamente con “Il pendolo”, quindi “La sciamana e il testimone”, con la sua ritmica quasi tribale, apre uno sguardo di contemplazione sulla catastrofe ormai imminente. Lo “Specchio nero” va in frantumi e si sente ormai, chiarissimo, «il suono della Malora». La tromba che geme ne “L’altro lato” vi prenderà per mano, guidandovi verso la consapevolezza che è ora di accettare il proprio fallimento, e «imparare a morire».
La Malora è il disco con cui i Marnero raggiungono una piena maturità musicale, proponendoci un’opera d’arte nel pieno senso della parola. E che come ogni vera opera d’arte non è immediata, ma richiede impegno e curiosità; in cambio sa emozionare, mostrando un diverso sguardo sulla realtà. Complimenti alla band bolognese, che ci regala uno dei migliori dischi del 2016.
(Sanguedischi, To Lose La Track, Shove Records, Escape From Today, FalloDischi, 2016)
1. Porti e Labirinti
2. L’Ubriaco e il Cieco
3. Il Clandestino e il Marinaio
4. Il Baro e il Bambino
5. La Sparizione
6. Il Pendolo
7. La Sciamana e il Testimone
8. Specchio Nero
9. L’Altro Lato
8.0