(Autoproduzione, 2013)
01. Milk With Silk
02. Finish Hanging Drain Big Red Space
03. Smegmalpapa
Un nome – praticamente da antologia – che al di là di un sorriso d’ordinanza dovrebbe farvi sorgere più di un sospetto. Un’immagine che, amanti o no di “The Ring”, desta di certo un po’ di inquietudine. Parte da questo insolito binomio la scoperta dei miNipoNy. E badate bene: non mi sono calato un acido e non sto scrivendo del gregge di proto-cavalli variopinti che ha lobotomizzato generazioni intere di bambini, ma di un duo di Bologna dedito a musica pesante e, perché no, anche pensante. Se la vostra curiosità s’è ammosciata dopo queste poche premesse tornatevene pure a sentire i Manowar, se invece come me siete degli insaziabili cani da tartufo in materia di musiche deviate, seguitemi in questo trip e poi andate a farvi un bel giretto su SoundCloud.
Premetto che adoro l’accostamento ‘nome apparentemente innocuo + musica devastante’, tanto più in un momento storico in cui quasi tutti puntano a fare i duri fin dalla scelta del monicker prima ancora di aver calcato un palco. I miNipoNy in questo contesto potrebbero vincere la palma d’oro. Sebbene non mi vada che una preferenza personale pesi sul giudizio complessivo di un lavoro, il prodotto in questione, l’ep Milk With Silk, ha l’aria di essere – al di là delle apparenze – un buon punto di partenza per una band che promette bene. I brani proposti sono tre, forse un po’ pochi per farsi un’idea esauriente del progetto, ma più che sufficienti per delinearne le coordinate e constatare che i miNipoNy sono in due e fanno cagnara per dieci. Il primo pezzo – la title track – apre le danze con ritmi sincopati e martellanti sostenuti da una chitarra ribassata e compressa e da una batteria elastica (ad un primo ascolto sembrerebbe una drum machine, ma a giudicare dalle dinamiche dei beat e dalla resa piuttosto analogica dei suoni, si direbbe davvero suonata da un essere umano…spero di non sbagliare). Sin da subito si intuisce che la ricetta dei miNipoNy è stata presa a prestito dai Meshuggah, e che i due si siano attenuti alle prescrizioni dei masterchef nel servire il pasto rigorosamente freddo ad una mensa di androidi. Le chitarre e le ritmiche serpeggiano con precisione chirurgica e la voce di Emilia Moncayo schizza aceto condendo il tutto con vocalizzi degni di Karyn Crisis, davvero niente male. Sulla stessa lunghezza d’onda della prima, ma contraddistinta da una voce meno filtrata e degli inserti elettronici più in sottofondo, si colloca anche la seconda traccia “Finish Hanging Drain Big Red Space”, mentre a chiudere resta la terza e più veloce “Smegmalpapa”, che stacca completamente dal resto conficcando una scheggia thrash-death più umana nella carne sintetica di cui è costituito l’ep (sembra quasi di sentire gli Slayer periodo Divine Intervention / Undisputed Attitude…). Qui e là si respira un qualcosa che ricorda i poco conosciuti – ma non per questo non degni di nota – Big Bear, e dall’immagine che la band da di sé (anche se i dati a disposizione sono per me pochi per azzardarmi a giudicare dalle apparenze), mi pare di scorgere ricercati aspetti estetici alla OvO, vagamente artistoidi senza però essere ingombranti. Anche il video del brano Milk With Silk fa la sua porca figura e, oltre a evocare lo stop motion dei fratelli Quay realizzato qui con soggetti umani e qualcosa dei NIN, esalta alla grande la ‘scattosità’ del brano e in generale l’oscuro e oppressivo sound del duo.
Se proprio i miNipoNy hanno una pecca, questa purtroppo è la matrice un po’ derivativa del suono, forse troppo accostabile allo stile riconoscibilissimo dei Meshuggah e di altre band in ambito djent. Ma ci si trova anche di fronte ad un’ opera prima e per di più di brevissimo minutaggio: è troppo presto per esaltare o stroncare, penso si possa e si debba essere fiduciosi. C’è da sperare che una band così riesca col tempo ad imparare a ripetere, rielaborare e finalmente fare propria la lezione impartita dai maestri per poi discostarsene.
7.0