Nel 2021 Monuments, prima opera dei Modern Rites, squarciò in due il panorama black metal. Perché il debutto di questo duo formato dallo svizzero Berg e dall’americano Jonny Warren, entrambi polistrumentisti ma dall’animo completamente differente, praticamente agli antipodi, sparigliò le carte sul tavolo. Presero il black tout court, lo infettarono con nuove tecnologie, partorendo un lotto di canzoni squisitamente indigeste, ostiche da assimilare, tremendamente seducenti nel far cadere l’ascoltatore in osceni dedali di perdizione. Il freddo della Fiamma Nera che abbraccia il distacco emozionale delle macchine, la furia selvaggia delle lande desolate e monoliti di computer a giudicarci, senza parole, solo con attacchi violentissimi e break atmosferici che paralizzano ogni singolo globulo in noi.
Ho amato quel disco e quando ho saputo del ritorno dei Nostri ho caricato il cuore a mille per farmi trovare pronto. Sono passati tre anni, nulla è cambiato. E se per altre band questo può significare una stanchezza artistica, un preoccupante blocco compositivo, per i Nostri questo rappresenta l’esatto contrario. I Modern Rites riprendono in mano le armi, custodite con cura in questi mesi, le affilano, le caricano a pallettoni, e ci scaricano addosso tutta la loro irruenza. Una rabbia che sa di buono, un muro di mattoni che piano piano viene giù, ci sommerge, riff circolari ed elettronica che vuole solo isolarci, renderci vulnerabili. I lupi che escono dai solchi del cd, girano intorno a noi, le casse delle stereo che urlano, ritmi tribali vecchi come il Mondo e scenari apocalittici che ancora non capiamo, che non possiamo e non sappiamo – non sapremo? – mai affrontare. Avevo timore, lo ammetto, di trovarmi un album meno bello, ma Berg e Jonny Warren evidentemente non sanno comporre musica scadente, di facile fruizione, di commerciabilità sciatta e volgare. Otto tracce, una più bella dell’altra, un piccolo compendio di come si suoni certa musica (i rimandi a Samael o Mysticum non devono rappresentare una fallace caduta di stile, sia ben chiaro).
Un lavoro che non delude le aspettative, che conferma il semenzaio del debutto e che ci regala dei frutti opulenti, succosi di bile, ed è meraviglioso farne una scorpacciata.
(Debemur Morti Productions, 2024)
1. Prelude
2. Endless
3. Lost Lineage
4. Veil of Opulence
5. Becoming
6. For Nothing
7. Autonomy
8. Philosophenweg