Il progetto sperimentale Moop nasce nel 2013 a Poitiers, una città situata nella parte centrale della Francia. Il nucleo iniziale è formato da quattro musicisti con idee visionarie, amanti del progressive e delle composizioni lunghe. Insieme alle chitarre acide e una batteria magnetica, troviamo anche due sassofoni baritono che completano la struttura della band. Dopo l’esordio omonimo del 2017 influenzato principalmente dal jazz rock old school, con tinte heavy rock, i viaggi cosmici carichi d’improvvisazione si confermano a un livello superiore in questo nuovo lavoro in studio Ostara pubblicato dall’etichetta tedesca Tonzonen Records. L’album vede la band in formazione ridotta con un solo sassofono, che riempie a dovere le tematiche dei brani, ma anche in questa nuova fatica troviamo delle opere molto lunghe, quattro per la precisione, che abbandonano il sound pulito e lineare del precedente. Nello studio meticoloso e oscuro in fase di scrittura, il tutto appare più complicato da digerire e i tre musicisti francesi si trovano a loro agio in piena sintonia.
“Manlayl” è il primo singolo rilasciato che apre questo disco, nel suo timbro dissonante si mescolano le varie sonorità malate e fuori dal mondo esterno. I feedback in lontananza accompagnano una bellezza sonora senza eguali, con una batteria che lentamente scandisce colpi precisi insieme al sassofono. Nella parte centrale delicata troviamo una malinconia oscura, che si chiude con una rabbia improvvisa. A seguire “#Eule” dal tempo tribale e irregolare, gioca molto con la chitarra distorta e insabbiata dal mood jazz fusion, impreziosito dal cuore pulsante del baritono, che rende tutto ancora più complesso e malato al suo ascolto. Una traccia incredibile ma difficile da apprendere, un susseguirsi di voci e ritmiche dissonanti da improvvisazione pura, che sfiorano il genere drone. “Ostara” ci riporta leggermente sulla terra, le linee di chitarra e sassofono risultano staccate tra di loro come a perdere l’orientamento insieme alle percussioni rigide e lineari. Gli assoli di sax avvolti da riff grintosi innalzano il brano su qualcosa di maturo senza mai perdere il filo del tempo. Coupet, Brandy e Toul amano le progressioni infinite per continui colpi di scena. Le influenze maggiori spingono il progetto a toccare passaggi virtuosi e post-rock, stile King Crimson del passato e suoni moderni come Goodspeed You! Black Emperor. La chiusura diretta di “Papatte Douce”, l’unico brano dalla durata contenuta, mette a nudo una ritmica contagiosa che si sporca nel cambio centrale per arrestare la sua corsa di colpo, lasciando tutti di stucco. Grandiosa conclusione ad effetto.
Questo trio incredibile è la conferma assoluta di quest’anno, Ostara ne è la chiara dimostrazione con una grande tecnica messa nel suo interno. L’improvvisazione da pelle d’oca sposta i vari equilibri che si creano, rendendo unico il genere.
(Tonzonen Records, 2021)
1. Manlayl
2. #Eule
3. Ostara
4. Papatte Douce