(Autoproduzione / Stone Tapes, 2014)
1. Carmilla (Marcilla)
2. Spectral Visions
Sin da quando nel 2000 sono usciti fuori dalle loro tombe nell’Hampshire, i Moss non hanno mai smesso di strisciare in un un viscidume elettrico e tetro che scende a spirale verso l’oblio: la loro è una formula rituale di assordanti spinte sonore inerti, alimentate dal doom classico e dall’horror inglese, che la band ha lasciato marcire per farle sue per sempre, come uno spettro a guardia di una vecchia cripta crollata. Il trio si propone con una nuova uscita per la loro neonate label Stone Tapes, ad arricchire la lista immensa di pubblicazioni fatta di EP, live e split, il disco su Aurora Borealis e i due per Rise Above.
Col nuovo EP i Moss riprendono la risalita, sempre più melodica, da sotto la cripta. Le voci gutturali e malate dei primi momenti estremi, finiscono per passare a un tono fra il parlato e il cantato, che in pratica è l’elemento che impedisce a entrambe le tracce di diventare eccezionali, poiché tende alla lunga ad appiattire il risultato finale. Tuttavia, c’è da dire che chitarra e basso sono talmente obesi che schiacciano a morte le manchevolezze delle linee di cantato: i riff lenti e trascinati come un cadavere nel fango levano il respiro, sentiti a volume elevato. Quello dei Moss è un doom funebre e fumato che ti blocca coi piedi nel bitume, e i pezzi tengono attaccato allo stereo l’ascoltatore anche a dispetto delle soluzioni vocali non brillanti.
Il lato A “Carmilla/Marcilla” è un brano funeral doom molto diretto, e sebbene le linee di voce lascino parecchio a desiderare, l’effetto dell’occhio crudele del vampiro che inchioda la vittima si sente ancora. Sull’altro lato troviamo ”Spectral Visions”, brano molto più convincente, dotato di un cantato che ipnotizza nelle ondate ripetitive di riff che nel breve volgere di pochi minuti si impantanano in un rallentamento a tinte droniche. La trance si interrompe dopo cinque minuti buoni col solo dissonante a sottolineare la strofa di Olly Pearson, che ci fa sapere che ti sta portando via la mente; ma oramai è tardi, e il coperchio di pietra cala.
In definitiva il problema principale degli attuali Moss sta nella sostanziale perdita delle linee vocali estreme dei primi dischi, e sebbene da fan e ascoltatore di doom classico debba ammettere che i pezzi reggono ugualmente bene, non si può non rimpiangere le vecchie passeggiate di Sub Templum e Chtonic Rites…
7.0