La sacra triade inglese Paradise Lost/Anathema/My Dying Bride è da sempre un faro che non smette di illuminare l’oceano discografico di moltissimi artisti; gli americani Mother Of Graves, da Indianapolis, sono tra questi. Dopo un primo disco, Where The Shadows Adorn (2022), chiaramente debitore di certe sonorità, ritornano sulle scene con un lavoro che, lo dico fin da subito, rappresenta un’ottima testimonianza di come si possa suonare un death/doom melodico senza risultare tristi imitatori. Il quintetto americano prende la lezione dei Maestri del genere (e non solo: in questo album si sentono echi di Katatonia e October Tide), ci mette del suo ed il risultato finale è un piacevolissimo lotto di canzoni che sanno colpire al cuore dell’ascoltatore. Quello che si apprezza maggiormente è la naturale inclinazione a prediligere midtempo dove i Nostri sanno dipingere scenari atmosferici pregni di sofferenza e drammaticità; i pochi momenti dove abbassano la testa e prendono ad alzare il volume sono sempre ben misurati e queste sfuriate dal sapore primordiale delineano quel tocco in più che va poi ad esaltare i momenti più intimisti dei brani.
“Gallows” apre l’album con la sua raffinatezza, il death ed il doom sono ben miscelati: la band inizia il suo canto di dolore nella maniera migliore. Segue “Shatter The Visage”, il brano più violento del lotto, col suo attacco frontale che non vuole far altro che mietere più vittime possibili. A tratti sembra di sentire gli Opeth dei primissimi dischi. Una traccia che offre tanti momenti diversi nel suo minutaggio, arrivando anche a lambire territori dark e new wave. La voce di Brandon Howe ci guida attraverso “A Scarlet Threnody”, che è lenta, rarefatta. Qui la sofferenza pare colare fuori dalle casse dello stereo, un brano molto intenso nonostante la sua “staticità”. “Apparition” è la meno riuscita del lotto, prosegue sulla falsariga della precedente ma non ne raggiunge mai i picchi emotivi. In suo soccorso ecco la title-track, un vaso di Pandora con dentro tutto e di più: denso, drammatico, pathos a mille; break centrale che ti spacca in due, spoken words che spargono brividi per ogni dove e una sezione d’archi che innalza la quota emozionale oltre l’umana sopportazione. Ma la band sa sorprendere, deragliando dolcemente, come in “As The Earth Fell Silent”, che prende le distanze dal death/doom (nonostante rimangano la spina dorsale del songwriting) abbracciando il post-rock alcolico e la sensualità dell’alternative pop/rock.
The Periapt Of Absence si chiude con “Upon Burdened Hands”, piccola incursione nella violenza tout court – nonostante qualche momento davvero spiazzante e inedito – e “Like Darkness To A Dying Flame”, canzone che, giocando su svariati registri, mantiene alto il tasso di sofferenza e trasporto emotivo, andando così a sfumare un lavoro che non potrà che far breccia nel cuore di chi si nutre di sensazioni notturne.
(Profound Lore Records, 2024)
1. Gallows
2. Shatter The Visage
3. A Scarlet Threnody
4. Apparition
5. The Periapt Of Absence
6. As The Earth Fell Silent
7. Upon Burdened Hands
8. Like Darkness To A Dying Flame