Quando mi trovo a parlare di un disco cerco sempre una metafora che renda bene l’idea di che rapporto immagino possa crearsi fra l’ascoltatore e la musica. Spesso ciò è intuitivo e spesso si crea invece indecisione: nel caso di Immoto è stato un volersene rendere conto per evitare di esagerare. Il nuovo genito in casa Nero Di Marte mi lascia addosso la sensazione di essere come una storia d’amore, quello vero; con tutte le sue sfaccettature, comprese fra la dolcezza e delicatezza, la passione, la magia, il desiderio, le incomprensioni, la riflessione e anche l’ira. Nel suo corso questo lavoro riesce a mettere l’ascoltatore dinanzi a delle dinamiche uniche, proponendo atmosfere estremamente intense che possono sfociare nella parte più sperimentale del songwriting dei Nero Di Marte, così come possono esplodere nella violenza, mai cieca, mai inutile, ma sempre di una classe unica, rispetto le capacità della band e rispetto il mondo.
La parte più dura e crudele di Immoto, emersa con il singolo “Sisyphos“, ritorna a sprazzi in altri contesti ma lascia comunque ampio respiro a sperimentazioni meno brutali e ad un metodo di stesura dei brani che coinvolge molto, trovando un equilibrio fra il virtuosismo dei singoli membri e il senso di band e d’identità che spicca in modo prorompente. Un elemento che mi ha colpito fin dal primissimo ascolto è sicuramente la qualità con cui ogni strumento prosegue con il suo operato eccelso, virtuoso e maniacale, senza mai perdersi, rimanendo perfettamente in equilibrio fra solismo e la musicalità; linee vocali, linee di basso, le atmosfere create dalle chitarre, il drumming incredibilmente complesso ma di un gusto sopraffino sono tutti elementi eccelsi presi da soli, ma che trovano ancora più senso nel loro insieme, bastandosi, proseguendo senza la necessità di layer iper complicati o artefatti. Una “semplicità”, che lascia spazio all’espressione di idee fuori dal comune, in alcuni punti leggermente più esigenti come comprensione, ma sempre di livello enorme. La sensazione di ricerca, la voglia di perfezione e l’ambizione dei Nero Di Marte emergono in ogni singolo elemento; la produzione e gli arrangiamenti sono allo stato dell’arte, ogni singolo suono è organico e titanico e serve il progetto in maniera sublime. Ancora una volta i testi tendono al poetico, con un utilizzo dell’idioma italiano che, sposando le linee vocali, risulta una scelta azzeccatissima e di indubbia qualità. Alcuni elementi di Immoto sono assolutamente da prendere o lasciare: alcune scelte, a volte brusche, possono risultare ambiziose e personali, e vanno considerate nel loro contesto, e assimilate magari con la dovuta cura nell’ascolto.
A livello umano posso solo lontanamente immaginare cosa possa aver significato mettersi a scrivere un disco che mantenesse le promesse indelebili di un post Derivae, e, soprattutto, il progredire dopo cambi di formazione, gusti e l’inesorabile passare del tempo che cambia ogni cosa per definizione. Nonostante tutto ciò ritroviamo una band più in forma che mai, mutata ma fedele a se stessa, ispirata, a suo modo unica e che si è fatta trovare assolutamente pronta.
Come da tradizione Season Of Mist ha raccolto l’ennesima perla, l’ennesima freccia da aggiungere al suo arco, dando ai Nero Di Marte un lustro che, mi sento di dire, meritavano già da tempo. Fate tesoro delle due date italiane che accompagneranno il lancio di Immoto, non mancate: dal vivo sarà sicuramente un’esperienza colma di spunti.
(Season Of Mist, 2020)
1. Sisyphos
2. L’Arca
3. Immoto
4. Semicerchi
5. La Casa del Diavolo
6. Irradia
7. La Fuga
9