Prosegue il cammino dei Torinesi Nibiru, che con questo quinto lavoro intitolato Qaal Babalon , ancora una volta sotto l’italiana Argonauta Records, confermano di trovarsi nella rosa delle migliori band italiane e sigillano, ancora una volta, il loro spessore musicale compositivo, introspettivo e personale.
Il lavoro è un enorme vortice doom/drone composto da quattro brani della durata in totale di quasi un’ora, che ingloba e rinchiude tutto dentro ai suoi contaminati muri sonori decadenti e impenetrabili (vedi “Faboan” e “Bahal Gah”), dove non ci sono finestre da cui prendere ossigeno. Un sound di un’intensità incredibile costruito da uno stordente basso, da tanti riffoni circolari, che si incastrano sopra al pachidermico andamento, dettato sempre dai tempi dietro alle pelli, del mostro Qaal Babalon che avanza, pesta, mastica e rigurgita tutto. La sensazione è quella di un sentito e provato viaggio dentro ai primi tre gironi del settimo cerchio dell’inferno di Dante, dove le anime perdute urlano il loro strazio disperato (qui in lingua madre) cercando con le mani un appiglio tramite il quale riuscire ad emergere in superficie. Ma non c’è appiglio per nessuno, perché qui si sprofonda nelle viscere della terra e non si ha modo di rivedere la luce.
Le coordinate di questo lavoro sono strettamente ritualistiche e maligne, a tal punto da riuscire a ricollegarsi al primissimo periodo della band che partorì Caosgon nel 2013 (ristampato proprio ora con una nuova copertina e una traccia in più) e il successivo Netrayoni un anno dopo. Se siete amanti di certe sonorità inquietanti e avvolgenti, fatevi accompagnare da questo lavoro. Ma attenzione, non è roba per tutti: “Lasciate ogni speranza, o voi che entrate”.
(Argonauta Records 2017)
1.Oroch
2.Faboan
3.Bahal Gah
4.Oxex