(Lost Pilgrim Records, Dry Cough Records, Broken Limbs Records, 2015)
1. Vile Pigs
2. Loathe
3. The Thrill is Gone: Repulsion
4. Under a Bane
5. Disease
6. Pure
7. Tainted Throne
I Nightslug sono una sludgecore band proveniente da Düsseldorf, attiva dal 2010. Devo confessare la mia ignoranza totale nei confronti di questo power-trio tedesco, dei quali sento il nome per la prima volta solamente ora, tenendo fra le mani Loathe, il secondo full-length, un’opera forte d’un sound grezzo ma, nell’intento, ambiziosa, capace di coinvolgere Francia, Gran Bretagna e USA per una co-produzione internazionale. In quanto ad ignoranza, nel senso più verace del termine, pure i tre crucchi non scherzano: infatti, il loro sludge suona esattamente come ce lo si aspetterebbe – sporco, con suoni azzeccati e giganteschi, depresso, catacombale, con un riffing capace d’esplorare tutto l’universo post-sabbathiano degli anni Novanta (leggasi Eyehategod, Bongzilla ed Iron Monkey).
Uno dei limiti dello sludge è, certamente, la grossa difficoltà a sperimentare e/o rinnovare un genere che, spesso, è più attitudine che musicianship, capace, molte volte, di vivere più all’interno d’un immaginario collettivo rodato che di muoversi oltre i sentieri già tracciati: non che, tutto questo, nella musica, sia necessariamente un male; resta, comunque, evidente il fatto che essere ‘freschi’ suonando questo particolare stile resta un’impresa titanica. Certamente i Nightslug fanno il possibile, ma non sono, però, esenti dai più classici (e, diciamocelo, anche più riusciti e maggiormente ricercati da noi stessi; n.d.R.) cliché dello sludge dall’attitudine più punk/hardcore: gli immancabili feedbacks ad inizio di ogni traccia, il basso che rantola, le chitarre che tagliano i padiglioni auricolari e pettinano i più lungocriniti fra gli ascoltatori, i tempi dilatati, le lyrics in eterno equilibrio fra “odio tutto e tutti” e “la vita fa schifo” sono ingredienti fondamentali di Loathe, ma, se talora divertono, spesso ne sono il limite. L’opener “Vile Pigs”, un pezzo piuttosto buono, parte con feedback, una linea di basso e un sample tratto da La casa dei 1000 corpi: quante volte s’è sentito qualcosa del genere? Niente di malvagio o di sbagliato, sia chiaro: l’effetto-botta c’è; quando i chitarroni entrano, non ce n’è per nessuno, con un incedere marziale che, spesso, ricorda più i Godflesh di Streetcleaner che lo sludge tout court. Particolare la voce, perennemente filtrata ed in secondo piano rispetto all’apparato musicale: una scelta interessante, se dosata, in sede d’arrangiamento (Bongzilla insegnano), un po’ stancante ed appiattente quando tende ad essere lo standard dell’intero disco – scordatevi le urla lancinanti ed ultra-espressive à la Johnny Morrow, per intenderci.
Nel complesso, quando i Nightslug decidono di esprimersi sulle brevi distanze convincono decisamente di più: la titletrack è un omaggio al disagio dei momenti più punk di quel capolavoro che va sotto il nome di Dopesick; “Under a Bane” è un riuscitissimo crossover fra sludge, pesantezze d-beat e il noise/post-rock degli Harkonnen; “Pure” risalta per inattese vibrazioni ed arrangiamenti post-rock che convivono con monoliti derivati dall’industrial, nel suo mantra in cui un riff decisamente interessante si ripete, spezzando metriche e ritmiche. In tutti gli altri casi, purtroppo, i cliché del genere assorbono la freschezza compositiva, fornendo, nel complesso, canzoni dignitose, ma che, a chilometri di distanza, puzzano di già sentito.
Un disco valido, ma decisamente per un pubblico selezionatissimo e di settore.
6.0