L’accogliente Revolver Club è già nel pieno delle sue attività quando arriviamo e, nel tempo di una birra in compagnia, gli svizzeri OMOPHAGIA sono pronti. Il palco, già pesantemente affollato di strumentazione, è pronto a diventare teatro di una sanguinosa faida sonora. La band di Zurigo propone un set solido: nulla di fenomenale da segnalare ma comunque un buon modo di iniziare la serata, scaldando gli animi a suon di death metal. Una volta conclusosi il set, è tempo di affilare le armi.
Il cambio palco per i VITRIOL ha richiesto qualche minuto più del previsto a causa di qualche problema tecnico, e ciò non ha fatto altro che caricare ulteriormente un Kyle Rasmussen, pronto ad esplodere come una bomba fatta di male, violenza e furia. Dopo averle viste tutte, difficilmente rimango ancora impressionato: i Vitriol fanno eccezione, del tutto. Lo show della band americana inizia in maniera incendiaria e, dopo pochi secondi, siamo già certi di esser davanti a qualcosa di speciale. L’energia, la passione e l’autenticità che il gruppo mette in atto sono da pelle d’oca: death metal violentissimo, precisissimo e ispirato, suonato da una band estremamente capace che trova nel trascendente frontman la punta di lancia che ci farà a pezzi per tutta la durata del set. Se aveste avuto qualche dubbio in merito, no, i Vitriol non sono tutto hype, sono una band spaventosa.
HATE ETERNAL: qualsiasi ulteriore spiegazione oltre questo dovrebbe essere superflua, ma con tutto l’orgoglio del mondo voglio raccontare uno dei concerti più belli visti in vita mia.
Come un trio riesca a scatenare una tale furia, è quasi un mistero. Qualsiasi band formata da umani non potrebbe nemmeno pensare di riuscire in tale compito, ma non gli Hate Eternal, non la band di Erik Rutan, Re e figura mitologica del death metal. Avete mai avuto la sensazione di star ascoltando qualcosa di così bello da rendervi orgogliosi e gonfiarvi il petto di una passione ardente, fiammeggiante e incredibilmente viva? Una sensazione unica, figlia di un artista dal carisma titanico, capace da solo di far sparire spazio e tempo, palco, locale. Impossibile distogliere lo sguardo e l’attenzione da questa figura mitologica intenta a scatenare l’inferno sul Revolver Club, un uomo solo capace di avere l’impatto che spesso band intere sognano nei loro sogni più selvaggi. La scaletta prosegue intensa e cruda come un mattone in faccia: tutto è così preciso e perfetto da sembrare ridicolo per noi comuni mortali, un attacco sonico devastante destinato a prendere una piega ancora più memorabile con l’entrata in scena di un’autentica reliquia del genere, la Ibanez Universe bianca utilizzata da Rutan durante il periodo di Domination, un allarme lampeggiante intento a significare l’arrivo della parte di scaletta più violenta e pesante riguardante Desolate Sands, l’ultima fatica marchiata Hate Eternal. A voler concludere questo pensiero su una delle performance più belle mai viste, c’è solo da aggiungere che dal vivo la cura, il gusto e la precisione di Rutan come solista emergono ancora di più, lasciandomi totalmente ammaliato. Menzione speciale per John Longstreth, indiscutibile, immenso e alieno dietro le pelli, probabilmente il batterista estremo più maestoso che io abbia mai avuto l’onore di veder suonare live, una prova al limite del sensato.
Non semplice la posizione della storici egi…americani NILE, che con un bagaglio di band simili ad aprire lo show, perdono d’impatto e non risaltano come un headliner dovrebbe, probabilmente complice anche una performance incredibile da parte di una band leggendaria come gli Hate Eternal, e una band che vuole dimostrare il proprio valore ardendo con vigore, come i Vitriol.
I Nile soffrono una scaletta un po’ scontata a suon di hit e, soprattutto, cade un po’ negli stereotipi da band che la butta in caciara quando c’è da recuperare fiato, ma quando è il momento di picchiare duro, tornano sul pezzo senza troppe remore. La storia è storia, e i Nile non hanno nulla da dimostrare da ormai un bel pezzo, gli anni iniziano a pesare sul sempre piacevole Karl Sanders ma ancor di più sul grande George Kollias, che, forse complice anche il giovanotto sopracitato, non mi ha dato l’idea di esser esattamente in palla come un tempo. Resta tuttavia pur sempre un pioniere e un grande performer; ottimamente integrati invece i nuovi membri della band, iniezione di grande presenza scenica nell’organico dei Nile.
Che dire, il Revolver Club mette a segno l’ennesima serata meravigliosa e mi sento di mettere questa fra le serate più intense che io abbia mai visto in vita mia, soprattutto in ambito metal estremo.