Noorvik: a tale nome non risponde semplicemente una cittadina americana, situata in Alaska, bensì una formazione tedesca originaria di Colonia. Ed il recentissimo Omission, licenziato dalla Tonzonen Records, ne costituisce il secondo lavoro in studio. Scorrendo le poche righe che i tedeschi appongono nella loro biografia, si incontreranno le definizioni post-rock, post-metal, progressive e doom: pur apparendo agli occhi dell’ascoltatore dell’ultima ora tale multiformità piuttosto pretenziosa, è sufficiente concedere ai Noorvik un ascolto, per rendersi conto di come le etichette, almeno per questa volta e con una buona approssimazione, riescano a restituire la proposta qui descritta.
I poco più di trenta minuti che danno corpo ad Omission si aprono con “Floating”, introdotta da un soffuso e diafano a sfondo tastieristico. Su quest’ultimo si stagliano arpeggi in clean guitars, con accompagnamento di seconda chitarra e basso, dando luogo ad un paesaggio sognante e decisamente aderente alla lettera del post-rock classico. Tali movenze fino ad adesso piuttosto prevedibili, cedono tuttavia il passo ad un crescendo quasi prog, in cui il basso, con un semplice ma efficace fraseggio, assurge a protagonista, dialogando alla pari con le sei corde. La melodia portante sin qui delineata confluisce tuttavia in una sezione maggiormente articolata, arricchita dalle chitarre elettriche e da pelli più preminenti, donanti al brano una tonalità maggiormente metal. Qui l’aggressività della sezione ritmica – sempre più serrata, sino al blast beat – è perfettamente sposata al sostrato dreamy delle armonizzazioni iniziali. L’esordio di “Above” è invece immediatamente elettrico, laddove il riffing disegna una progressione decisa ma godibile. Tutto ciò lascia tuttavia ben presto spazio ad un intreccio arpeggiato melanconico, quasi accostabile alle soluzioni adottate dagli Opeth di Blackwater Park. Particolarmente degna di nota è indubbiamente la penultima “Hidden”, comprendente le soluzioni melodiche più ragguardevoli dell’album, nonché la sezione ritmicamente più robusta ed impressionante, che arriva a sfiorare movenze caratteristiche del black atmosferico di scuola statunitense. La conclusiva “Dark”, traccia dotata del minutaggio più cospicuo del platter, presenta un esordio monolitico e cadenzato, ben presto confluente nel consueto paesaggio acquerellato tratteggiato dalle chitarre in pulito. Quest’ultimo verrà in seguito affiancato da un sottofondo ritmico dal sapore post-metal, repentinamente mutante in una sezione dal carattere maggiormente prog. L’estrema malleabilità e creatività della proposta strumentale dei Noorvik è qui dunque massimamente dispiegata, offrendo all’ascoltatore una sintesi della poetica di Omission.
Impossibile non notare come la band di Colonia sia riuscita a trarre dall’amalgama di generi dagli stilemi ormai consolidati, un lavoro estremamente multiforme e personale. Quello che tuttavia sembrerebbe essere un punto di forza, ovverosia la poliedricità e varietà dell’amalgama, rappresenta a volte una criticità, seppur nel complesso trascurabile. I cambiamenti di ritmo sono infatti in alcuni frangenti eccessivamente repentini, dando l’impressione di trovarsi dinanzi sezioni bruscamente giustapposte e non armonicamente correlate. Considerando tuttavia la qualità complessiva della release, l’abilità dei musicisti nonché una registrazione estremamente netta e certosina, esaltante adeguatamente tutti gli strumenti, Omission rappresenta un lavoro pregevole e degno di attenzione. Che siate degli appassionati di post-rock che ne hanno abbastanza di lavori estremamente derivativi, o degli ascoltatori smaliziati e disposti ad ascoltare album trasversali, in grado di ribaltare le carte in tavola, l’ultima release dei Noorvik fa sicuramente per voi.
(2019, Tonzonen Records)
1. Floating
2. Above
3. Hidden
4. Dark
7.5