Dopo cinque lunghi anni di attesa i maestri del prog / tech death metal Obscura tornano una nuova fatica. La band ha rischiato un po’ di perdersi nel frattempo: il frontman Steffen Kummerer ha infatti dovuto rimpiazzare gente come Hanns Grossmann e Muenzner, non gli ultimi arrivati. Inoltre, sulla band grava come una spada di Damocle il peso di due dischetti quali Omnivium e Cosmogenesis. Non una sfida facile per questo Akróasis.
A seguito di tutti questi bruschi cambiamenti era lecito aspettarsi qualcosa di più impersonale e freddo, mancante di quella alchimia che contraddistingue le band rodate. L’inizio dell’album affidato a “Sermon Of The Seven Sons” mette subito in chiaro che il livello non si è abbassato e che la band prosegue il proprio cammino esattamente da dove l’aveva lasciato. Dopo un’intro piuttosto armoniosa irrompe l’ugola sempre tagliente e lacerante di Kummerer e in un attimo si torna con la mente ai lavori passati. Gli Obscura subito dopo ci offrono il brano cardine dell’intero lotto, ovvero “The Monist”. Le prime note dell’intro suonate in loop penetrano nella testa senza lasciare più in pace l’ascoltatore, l’aria orientaleggiante è molto azzeccata così come azzeccata risulta l’alternanza tra il riff portante ripetuto e i tecnicismi tipici della band.
Una caratteristica che ha sempre contraddistinto la band è la fortissima presenza del basso, suonato in questo caso da Linus Klausenitzer. Anche lui in passato ha avuto un duro compito, quello di sostituire una leggenda come Thesseling, una sfida che ha superato a suon di ottime prestazioni. Particolarmente apprezzabile risulta il suo operato in “Fractal Dimensions”, brano caratterizzato anche da riff uptempo e malvagi che ricordano i Necrophagist. Al lato più duro e crudo degli Obscura si contrappone però quello più melodioso, emergente in particolare in “Perpetual Infinity” in cui compaiono persino strumenti acustici.
La paura di un album opaco svanisce dopo pochi minuti. Akróasis risulta decisamente solido e dotato di grande impatto: qualitativamente parlando non si incontrano forzature o riff banali, mentre l’amalgama tra i nuovi musicisti appare già molto buono. Insomma, parliamo di un gradito ritorno sulle scene da parte di una grandissima band che non smette mai di stupire positivamente.
(Relapse Records, 2016)
01. Sermon Of The Seven Suns
02. The Monist
03. Akróasis
04. Ten Sepiroth
05. Ode To The Sun
06. Fractal Dimension
07. Perpetual Infinity
08. Weltseele