Formatisi nel 2010 negli U.S.A., i Priapus fanno parte di quel sottobosco di musica estrema che, in sede di recensione, mi ha fatto spesso ripetere «negli ultimi anni la scena grindcore mondiale sta crescendo e dando sempre di più».
Confesso di non aver mai considerato il quartetto in questione, ma l’incombente tour in apertura ai Black Dhalia Murder (gruppo per il quale non impazzisco ma che si circonda sempre di realtà sonore cazzutissime; n.d.R.) e la recentissima uscita d’un 7” in co-produzione con una delle mie etichette grind-powerviolence preferite, l’americana Give Praise Records, erano elementi che, per furia di cose, mi hanno portato a farmi coraggio ed imbattermi, finalmente, con questo monicker.
Innanzitutto, proprio il nome della band: se, da un lato, Priapo è il dio della fertilità del mondo latino, sovente rappresentato iconograficamente con una minchia tanta, di tipo 50-70 cm, e, dall’altro, i Priapus provengono da una città del North Carolina chiamata GREENSBORO, è lecito affermare che i Nostri, al momento, siano il gruppo grind che piscia più lungo rispetto a tutte le altre band emergenti del Globo. Già, perché, malgrado il titolo dalle potenzialità sedative, Depressant è una bomba.
Produzione calda, piacevolmente analogica, suoni di chitarra grossi, batteria dinamica, naturale, per quanto costante in uscita, sono elementi che si accompagnano ad un sound a dir poco completo e maturo. Le cinque tracce (più “Pattern Blue”, cover degli eccelsi Discordance Axis, posta in chiusura: leggermente riarrangiata in termini di vocals e velocità; per quanto un po’ del suo senso disperatamente onirico si perda, rivista in questo modo, si sposa ottimamente col mood dell’EP) spaccano di brutto e uniscono fra di loro riffoni à la Napalm Death, shreds chitarristici che starebbero benissimo su pezzi di Wormed e Malignancy (uh, l’abuso degli armonici avrà fatto fischiare le orecchie tantissime volte a Ron Kachnic & Co. e non solo le vostre, quando v’approccerete a questo piccolo capolavoro!; n.d.R.), una batteria chirurgica che sfocia spesso nel brutal death drumming – ma che martella come la vecchia scuola hardcore insegna –, sweep picking dosato (sarà tanto ‘trendy’, ma quannò ce vò, ce vò e i ragazzi ci sanno fare; n.d.R.), dissonanti soluzioni post-hardcore prese da casa Converge e, soprattutto, Botch, attitudine nichilista à la Insect Warfare/Nasum e vocals varie quanto basta (scream modulati su vari stili, alternati ad un growl mai troppo profondo, ma decisamente espressivo ed evocativo). Nel complesso, parrebbe di sentire gli ultimi Maruta, adrenalinizzati da dinamiche più –core oriented. Decisamente quanto di più competitivo si possa proporre oggi in ambito grindcore, insomma.
L’unico neo? Quei dieci minuti di musica, costretti all’interno del 7”. Cari amici Priapus, per piacere: sul prossimo disco, aggiungete, magari, 15-20 minuti in più ed avrete fatto uno dei migliori dischi di musica estrema del XXI secolo. Immensi.
(Funky Frankenstein Records, Give Praise Records, 2016)
1. This is Beyond All Reason
2. Bent Morals
3. Everything I Want to Do Is Illegal
4. There is No Cure
5. Depressant
6. Pattern Blue (Discordance Axis)