I Russian Circles tornano finalmente in Europa e come prima data tedesca scelgono il Gebäude 9, locale famoso per ospitare i generi “estremi” del rock e del punk. I Nostri sono attesissimi, tant’è che davanti alla sala concerti ci sono almeno trenta persone che aspettano di trovare qualche biglietto di straforo, appena prima che la serata cominci; la data, infatti è sold out già da qualche giorno. Probabilmente il locale è troppo piccolo per ospitare una band come questa: se per altri tipi di serate è perfetto, in questo particolare caso il management ha perso la possibilità di fare più soldi, lasciando a casa una buona fetta dei fan tedeschi della zona.
I primi ad esibirsi sono i Cloakroom, band post-shoegaze proveniente dall’Indiana. Gli americani iniziano alle 8 (quasi) precise, salendo sul palco silenziosamente, tanto che il pubblico si rende conto che i ragazzi sul palco non sono roadies saliti a dare gli ultimi ritocchi giusto quando imbracciano le chitarre. I Cloackroom suonano una musica che è un po’ Tool, un po’ Nirvana, un po’ nenia e un po’ malinconia. La parti lente, fluttuanti, si alternano a crescendi sonori che pompano l’energia fuori dagli amplificatori. La presenza scenica non è la caratteristica principale della band, statica e concentrata nella performance, che risulta molto tranquilla ma non riempie poi molto la sala. Diciamo che durante la performance buona parte della gente decide di ritirarsi e andare verso il bar o semplicemente a fumarsi una sigaretta. Nonostante tutto, i Cloakroom risultano essere una buona band che regge bene il palco e che scalda adeguatamente il pubblico.
Cambio palco e finalmente si può dire che la sala scoppia di gente. I Russian Circles arrivano finalmente a calcare lo stage e a cominciare la performance con la traccia di apertura del loro ultimo album, Guidance. Nonostante le temperature fredde nel locale fa un caldo allucinante e soprattutto l’aria è piuttosto pesante, per via del ghiaccio secco e la mancanza di un adeguato sistema di areazione, che consiste nella sola apertura che collega la sala concerti con il bar (esiste un’uscita di sicurezza che però – vai a capire il motivo – viene aperta solo alla fine della serata). Questo per farvi capire non solo in che stato eravamo noi, ma in che condizione i Nostri hanno dovuto suonare, e per rendere merito a Brian Cook, che ha letteralmente sudato sette camicie per rendere il concerto esplosivo e coinvolgente. Certo, ci saranno state le luci, sapientemente studiate sui componimenti della band, e sicuramente l’affiatamento del trio è assodato, ma l’intera performance del Gebäude si è retta sull’atteggiamento ferino del bassista. Parecchi ovviamente i brani dell’ultimo full-length, ma la band non ha dimenticato di portare in scena cavalli di battaglia come Harper Lewis e Youngblood, con cui sono tornati in stage dopo una lunga standing ovation, sintomo di un morale generalmente alto di un pubblico molto soddisfatto della serata.