Consueto appuntamento mensile con questa rubrica e altro approfondimento di vari lavori pubblicati nei primi mesi di questo 2022, questa volta con una maggiore propensione per stili più aggressivi e caotici dello screamo, ma sempre inerenti all’hardcore e alle sue sfaccettature. L’unica release trattata in cui lo screamo è in primo piano è lo split di Apostles of Eris ed Encarsia e le loro due visioni distinte del genere, poi c’è lo spazio per il grindcore di THECHEESBURGERPICNIC e dello split di Nucleus, Meatus e Necrotic Eruption, che nasconde ulteriori influenze, e in chiusura per una tripletta hardcore formata da Welk, PUPIL SLICER e Squat Apart.
Articolo a cura di Jacopo Silvestri (Apostles of Eris / Encarsia, Welk), Davide Brioschi (THECHEESBURGERPICNIC, Nucleus / Meatus / Necrotic Eruption, PUPIL SLICER) e Marina Borodi (Squat Apart).
Apostles of Eris / Encarsia > Split
(Tape – Zegema Beach Records)
Lo split tra Apostles of Eris ed Encarsia è completamente made in USA e ci presenta due proposte con più elementi divergenti di quanti effettivamente le accomunino. Pubblicato da Zegema Beach Records, i sei pezzi che ne fanno parte alternano momenti di screamo classico senza particolari innovazioni a svariate influenze esterne, ma andiamo con ordine. I primi a dire la loro sono gli Encarsia, formazione più giovane tra le due, addirittura ai primi passi, ed è la loro la proposta quella più eccentrica e variegata del lotto. I loro tre brani lasciano gradualmente sempre più spazio a influenze tra prog e djent, circoscrivendo la componente screamo alle sole parti vocali e poco altro. La loro stravaganza non passa inosservata e nasconde del potenziale che al momento si cela ancora dietro a un velo di acerbità, ma che potrà permettere ai Nostri di fare progressi in futuro. Si passa nella seconda metà agli Apostles of Eris, formazione con molta più esperienza tra EP, split e singoli pubblicati negli scorsi anni. Come accennato in precedenza, il loro stile è molto più legato ai classici dello screamo, e mantiene un buon livello d’intensità premiato da una produzione ottimale, grezza al punto giusto, che ne risalta l’impatto. Questa coesistenza tra tradizione e un tentativo di innovazione ci dona un ascolto gradevole che da una parte è un buon inizio di carriera, mentre dall’altra un frammento della discografia di una band ormai esperta.
THECHEESBURGERPICNIC > Discography
(Vinile – Heathen Hands Records)
Capita spesso che band grindcore vedano la propria intera discografia pubblicata in una botta sola, assistendo alla realizzazione di quelli che spesso si rivelano piccoli miracoli, raccolte di decine e decine di brani tra i quali è impossibile non trovare qualche gemma. Lo stesso è successo ai THECHEESBURGERPICNIC, la cui intera produzione è stata pubblicata il primo marzo scorso dalla canadese Heathen Hand Records. Una ventina di pezzi di grindcore caotico e mattacchione, che alterna follie cybergrind a fangosi rallentamenti hardcore. Vocals isteriche e batterie altrettanto schizzate rendono l’album un gioiellino del grind più veloce e, se proprio vogliamo usare questo termine, tecnico. Trovando difficile raccontare a parole quello che in mezzo minuto di canzone i nostri riescono a dire, rimando all’accattivante artwork del lavoro. L’essere multi-occhiuto dalla testa gonfia che vomita denti ben interpreta quello che l’arte della band trasmette: una creazione mutata e sconcertante, che certo non lascia interdetti gli amanti del genere ma che sicuramente fa loro drizzare le orecchie.
Nucleus / Meatus / Necrotic Eruption > 3 Ways Split
(Tape – Surrogate Rec., Aggressive Valley Records)
La one man band bulgara Nucleus, i canadesi Meatus e l’international trio Necrotic Eruption si dividono un album di un certo rispetto, tra richiami a grandi maestri del grindcore e assalti noise di tutto spessore e distorsione. Il lavoro di apre con un sample à la Mortician, solo molto più slabbrato, estremamente distorto. Ed infatti tutta la prima parte dello split, assegnata ai Nucleus, sembra suonata sotto un’acqua torbida e inquinata, le chitarre smorzate e le vocals gorgoglianti da morto affogato. Malatissimo. Passando ai Meatus, ci si trova a fare i conti con ben altro tipo di aggressività sonora. Qui il grind è preso dalla direzione opposta: riff death metal distorti fino allo sfinimento, allo sfaldamento del tessuto sonoro fino alle sue trame più minute. Elevandosi in certe sezioni quasi ad un’indole harsh, i canadesi ci offrono qui, su un bel piatto da portata, una gran porzione di musica brutta e schifosa, che non ha alcuna paura di offrirsi per quello che è. I Necrotic Eruption inseriscono nella propria sezione una traccia di cinque minuti e mezzo che, stando al titolo, dovrebbe contenere sei pezzi live. Abbastanza ingiudicabile visto che il concerto probabilmente si teneva in una cantina e la registrazione è stata fatta con il cellulare della mamma del batterista. Non si capisce davvero un cazzo, e la cosa è estremamente divertente. Un momento musicale altissimo.
Welk > Mahr
(Tape/CD – Moment of Collapse Records, Wooaaargh, Acid Tears Records, Aim Down Sight Records)
Provenienti dalla Germania, i Welk sono ormai una formazione esperta della scena teutonica, essendo attivi da nove anni. Pur non avendo ancora compiuto il grande passo del primo full length, il quintetto ha esperienza sia dal vivo che in studio, la quale ha contribuito a una crescita di cui questo nuovo EP, Mahr, ne è il risultato. Uscito tramite una cordata di etichette tedesche tra cui spiccano Moment of Collapse Records e Wooaaargh, il lavoro si divide in cinque tracce dalla furia incontenibile. Quello proposto dai Nostri è un blackened hardcore in pieno stile Hexis e The Secret, per fare un paio di nomi, che all’interno dell’ascolto riesce a gestire nel migliore dei modi l’alternanza tra ondate mastodontiche di riff e attimi più ponderati, per prendere un attimo respiro prima di tornare a essere travolti dall’aggressività imponente. L’EP è infervorato dalla ribellione contro odio e discriminazione, e come i classici lavori del genere questa rabbia viene trasmessa attraverso la musica in un ascolto vigoroso e tagliente. Tra l’hardcore incalzante di “Vergissmeinnicht” e le impronte black metal della conclusiva “Licht”, i cinque pezzi di Mahr sono rocciosi e dimostrano le qualità del quintetto da Lipsia.
PUPIL SLICER > Thermal Runaway
(Digitale – Prosthetic Records)
Hardcore tecnico e pazzerello nel nuovo lavoro dei Pupil Slicer Thermal Runaway, un Ep di tre tracce per un quarto d’ora scarso di accanimento sonoro sfregia-timpani. Ad apertura del lavoro, la titletrack ci riporta alle sonorità chirurgicamente feroci dell’ottimo Mirrors, con una Kate Davies che, in splendida forma, alterna il proprio vocione metalcore al timbro acido e sognante di Cara Drolshagen dei The Armed. A seguire un remix di “Wounds Upon My Skin” (da Mirrors) dei Nadja, sciamani della scena drone internazionale, che nascondono la ferocia borbottante del brano originale sotto un tappeto di fuzz e sfrigolii noise, donando al tutto un sapore misterioso, quasi di “non detto”. Conclude la breve cavalcata la reinterpretazione dello stesso pezzo da parte di Marble Girl, un frullato iper-elettronico che ha a tratti un che di cybergrind ma che, distorcendone le parti già di per sé estreme, forza un po’ troppo lo spirito aggressivo del brano originale. Nel complesso un lavoro di degnissima fattura, che non ci prova neanche a non far venire l’acquolina in bocca in vista del prossimo lavoro dei londinesi.
Squat Apart > Cult Returns
(Tape – Surrogate Rec.)
Uscito per Surrogate Rec, Cult Returns degli ucraini Squat Apart propone una miscela abbastanza esplosiva di hardcore punk e crust. L’EP è composto da sei tracce dal ritmo sostenuto e lascia poco spazio all’immaginazione. I testi, infatti, al pari delle sonorità, sono intrisi di pessimismo e di collera. Un esempio è costituito dalla quarta traccia “Во Имя Себя”, che recita: “Essenza corrotta: l’abisso è già vicino / Il veleno scorre nelle nostre vene: non abbiamo salvezza / Odio, morte, dolore, male / Nessun altro vedrà la luce”. I tempi si dilatano e le sonorità si fanno più edulcorate solamente nell’ultima traccia, che nei suoi sette minuti di durata è anche la più lunga dell’EP. Essa sembra il risultato di un collage di sonorità. L’hardcore, verso la metà della traccia, infatti, lascia spazio ad un riff di chitarra melodico che ha un effetto addolcente e calmante, come se – alla fine – non rimanesse altro che la rassegnazione: “I mari piangono, i fiumi piangono / Le mie palpebre non possono essere chiuse / Le foreste piangono, i campi piangono / Tutto sarà distrutto, tutto sarà raso al suolo”.