È di natura internazionale questo nuovo numero di Screamature, con ognuna delle sei band di cui si parla che è originaria da una nazione differente. Si parte con gli australiani Dream, Inertia e il blackened screamo colossale che caratterizza il loro EP di debutto, per poi cambiare continente due volte: prima con i nostrani Slug Gore e il loro sound tra grindcore e death metal che accetta ben pochi compromessi, poi spostandosi negli Stati Uniti grazie al nuovo EP dei Great Falls, all’insegna di una proposta caotica e irregolare. Nella seconda metà dell’articolo si torna in Europa, parlando dell’esordio degli irlandesi Enter The Grave, il cui stile ancora non eccelle ma fa trasparire buoni segnali, e quello dei tedeschi BRVTH con il loro crust dall’impatto micidiale. Infine, si vola in Giappone per parlare del nuovo EP dei nhomme, il cui sound tra screamo e math rock è sicuramente intrigante.
Articolo a cura di Jacopo Silvestri (Dream, Inertia, nhomme), Davide Brioschi (Slug Gore, Great Falls), e Antonio Sechi (Enter The Grave, BRVTH).
Dream, Inertia > Ephemeral
(Tape – Team Glasses Records)
Dietro a questo artwork che a primo impatto si potrebbe associare a una qualche reliquia death/black metal rispolverata dall’underground più remoto si cela il primo EP degli australiani Dream, Inertia. Effettivamente, nel sound della band da Brisbane qualche traccia black metal è presente, ma si tratta di un’influenza secondaria mischiata a elementi screamo ed emoviolence, che contribuiscono a rendere la proposta granitica e viscerale. Pur essendo al loro primo lavoro, i Nostri mettono subito in chiaro le cose: di potenziale nella loro musica ce n’è parecchio, e il flusso continuo dei pezzi ha un impatto micidiale. Qualsivoglia dubbio scompare con la partenza scellerata firmata “How To Forget the Sun” e “Reclaim”, che tra vocals sferzanti e riff che equilibrano intensità e tocchi più sognanti travolge subito l’ascoltatore. Successivamente, nel corso dei sei pezzi da cui è formato, l’EP si evolve, con la presenza anche di immancabili richiami post-rock, che si ricavano spazio sia come intermezzi a sé stanti (“…”) che come attimo di stacco nei brani (“The Moon Is So Beautiful, I Am No Longer Afraid To Die”). Tirando le somme, Ephemeral è un esordio più che solido, che seguendo lo stile di formazioni quali Senza e Suis La Lune lascia pochi dubbi sul potenziale della band australiana.
Slug Gore > Extraterrestrial Gastropod Mollusc
(CD, Tape – Indipendente)
Nell’EP d’esordio dei ravennati Slug Gore il grindcore più becero ed ignorante incontra lo squadrato death metal degli anni novanta, dai Morbid Angel agli Incantation, con ben più che apprezzabili derive verso cadenze proto-doom. La capacità dei nostri sta nel riunire queste variegate influenze in Extraterrestrial Gastropod Mollusc, una scheggia di sei brani per meno di dieci minuti di musica, affilati e sorprendenti come i cocci di vetro nella minestra. La stronza ferocia alla Devourment di “Hungry Paraistic Beast” si miscela alla perfezione con il magistrale riff death di “The Parasite Murder”, coronati dall’eccellente – probabilmente miglior pezzo del lavoro – “Underground Giant Death Machines”. Mostruose lumache giganti che sterminano intere città popolano quest’abbagliante esordio degli Slug Gore, dando vita a apocalittici e mucillaginosi scenari ma anche a sfiziosissimi scenari sonici, che ammalieranno tutti gli appassionati del metal estremo. Attendiamo con trepidazione il primo album.
Great Falls > Funny What Survives
(5” – Total Dissonance Worship)
Full-length, EP e un’eccezionale quantità di split popolano la variegata e affollatissima discografia degli statunitensi Great Falls, editi ad un post hardcore viscerale e sperimentale, che li porta a collaborare con realtà eterogenee come Thou e The Great Sabatini. A questa collezione si aggiunge questo mese Funny What Survives, tre brevi tracce che svelano una delle facce del gruppo, quella dissonante ed emo-violence, legata alle radici di inizio millennio del sound dei nostri. Il caos ruvido ma organizzato di pezzi come “Misery Lights” e “Up to the Gums” avvicina il lavoro dei Great Falls a orgogli nostrani del genere come Storm{O} e Shizune. Il pezzo “Stage Health” ha toni più minacciosi, ricordando a tratti il grindcore schizoide di gruppi come Human Remains e Full of Hell. Un breve e apprezzato ritorno di una polimorfica realtà da tenere sempre sott’occhio.
Enter The Grave > Enter The Grave
(Vinile – Hasiok Records, Distro-y Records)
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Nati direttamente da quel che rimaneva dei Burnchurch, questi reduci della scena estrema dublinese si rilanciano nel mondo con una proposta ben più diversa, che si autodefinisce atmospheric crust, ma è molto difficile sottostare a questa etichetta, perché quello che la band lascia sentire con il primo lavoro omonimo è qualcosa che mescola una sorta di hardcore punk rallentato e sì, atmosferico, molto anche, di classe pure, si tratta di atmosfere create con una scrittura molto particolare delle chitarre che giocano sui phaser e i chorus, in tutto questo una voce che sembra arrivare direttamente dai Kayo Dot. Enter The Grave è un breve lavoro in cui i pezzi sembrano pensati molto velocemente e quasi poco lavorati, diciamo senza rifiniture, ma siamo solo a una prima opera ed è indubbio che questi ragazzi irlandesi pieni di rabbia fangosa possono e devono proseguire perché qui ci sono tutti i segnali di qualcosa che può esplodere, basta saper aspettare.
BRVTH > BRVTH
(Digital – Autoprodotto)
Un nome del tutto nuovo. Da Berlino giungono in pompa magna i BRVTH con il loro EP omonimo con cui portano a noi ascoltatori qualcosa di estremamente furioso, un crust devastante e veloce, capace di far vibrare denti e timpani. L’EP presenta una produzione davvero ottima per essere una prima opera e da questo ne ricaviamo che o loro sono musicisti navigati oppure che hanno investito parecchio. In un caso o nell’altro ci portano sei brani per un totale di nemmeno dieci minuti, Ma va bene così perché per pochi attimi abbiamo il piacere di assaporare una violenza sonora che a tratti può ricordare gli storici Integrity, ma con delle vocals che sono in pieno stile Disfear, non a caso per quasi tutto il disco si ha la sensazione che al microfono ci sia Tomas Lindberg, così non è, però la band sa portare all’estremo un genere che è di per se estremismo e sa portare allo stremo l’ascoltatore con soluzioni facili, ma di un’efficacia spaventosa. Il drumming è devastante dall’inizio alla fine e le chitarre sono fulminee, occhio però perché oltre a mitragliate folli qua troviamo anche bordate di groove che non fanno mai male al fine di creare una cosa che possa sapere di buono e mai vecchio e stantio. Consigliatissimo ai veri amanti della violenza.
nhomme > 一種の過音
(Tape – Zegema Beach Records)
Dopo aver pubblicato due singoli ed essere appariti in uno split con Pale, Tochu-Kaso e Asunojokei, per i giapponesi nhomme è finalmente arrivato il momento di pubblicare il proprio primo EP. 一種の過音 è stato pubblicato in cassetta tramite Zegema Beach Records e presenta una commistione intrigante di diverse sonorità, prendendo principalmente a piene mani da strumentali math rock e dall’impatto schietto dello screamo. Le strutture dei tre brani non presentano sostanziali stravolgimenti: partono tutte da dei giri coinvolgenti di chitarra in pulito, tendenzialmente semplici ed efficaci senza però nascondere dei tocchi fantasiosi, a cui man mano si aggiungono i groove di batteria accattivanti e le incalzanti linee di basso. Tra sezioni irregolari e sfuriate più dirette i Nostri si muovono abilmente, mantenendo l’ascolto sempre vivace e in continua evoluzione. L’EP offre un’ottica abbastanza inusuale dello screamo, galvanizzato dal connubio con il math rock per una proposta capace di attirare l’attenzione e che non sa di già sentito; formazione nipponica sicuramente da tenere sott’occhio.