Il maestro dell’oscurità e della misantropia Niklas Kvaforth è tornato con il nono capitolo della storia della sua band. Il black metal avanguardistico e moderno degli Shining di Halmstad è sempre più contaminato e personale. Il titolo dell’opera parla chiaro, una sentenza inevitabile e glaciale: prima o poi tutto finirà. Il concetto è rafforzato da un art work di Daniele Serra dai colori pallidi, tra i quali si intravede un volto affranto. Questo lavoro è stato definito dal frontman come la summa della carriera della band svedese. Tipica frase di circostanza o verità oggettiva? Scopriamolo insieme.
Ogni brano della tracklist è claustrofobico e non lascia penetrare nemmeno il più flebile raggio di sole. Il controverso Kvaforth riesce a recuperare anche il lato più depressive / black della band con le sue vocals a dir poco complesse, tanto struggenti quanto potenti. Una componente fondamentale degli svedesi, che li rende decisamente unici nel loro genere, è quella melodica, sempre più malinconica e sinistra, in opposizione alla furia cieca di altri brani. Il senso di inquietudine persiste per tutta la durata dell’ascolto, specialmente con il brano “Vilja & Dröm”, canzone semplicemente spigolosa e rigida, un autentico monolite oscuro, composto magistralmente da Kvaforth. Questa atmosfera a dir poco malata e febbrile è presente per tutta la durata del platter. Il singolo di lancio di questo lavoro, “Framtidsutsikter”, rappresenta l’essenza degli Shining. Le trame tessute dalle chitarre di Peter Huss e Euge Valorvirta (una delle new entry della band) irrorano di oscurità ossianica l’intero lavoro. Nei momenti acustici e nelle ballad sono palpabili gli spunti presi dai connazionali Opeth del periodo Damnation, chiaramente rivisitati in maniera personale. L’episodio più violento è senza dubbio “Människotankens Vägglösa Rum”, caratterizzato da un potente riff squisitamente metal che dà vita ad un pezzo in cui tensione, incisività e dolore si manifestano a turno nei padiglioni auricolari dell’ascoltatore. Forse i brani meno riusciti sono le due bonus track, una tra l’altro è una cover di “Ohne Dich” dei Rammstein, che però manca clamorosamente del mordente dell’originale.
IX (Everyone, Everything, Everywhere, Ends) è un album senza dubbio funereo e cupo. Il suono generale è caldo, grintoso e molto coinvolgente, per non parlare della produzione, curata nei minimi dettagli. Anche in questo caso l’istrionico Kvaforth si conferma un musicista coi fiocchi pieno di idee interessanti, sempre alla ricerca di una continua innovazione. Sicuramente è artefice di un lavoro che non deluderà assolutamente i suoi fan più appassionati, abituati al pessimismo esistenziale e cosmico dello svedese. Una grandissima prova di stile.
8.0
(Season Of Mist, 2015)
01. Den Påtvingade Tvåsamheten
02. Vilja & Dröm
03. Framtidsutsikter
04. Människotankens Vägglösa Rum
05. Inga Broar Kvar Att Bränna
06. Besök Från I(ho)nom
07. Ohne Dich [bonus – Rammstein]
08. Black Industrial Eleven [bonus]