Chiunque sia un amante o anche solo un conoscitore del funeral doom conosce gli Skepticism, considerati tra i pionieri del genere. La musica proposta dalla solidissima formazione (since ’94), ha ispirato generazioni di musicisti doom (e non). La scelta coraggiosa di sostituire la seconda chitarra con un organo e proporre una musica molto più lenta, in anni in cui il death ed il black avevano una forte presa di posizione, ha premiato il quartetto finlandese, che arriva oggi alla quinta fatica (la prima a non esser targata Red Stream, Inc.: questo lavoro infatti è firmato Svart Records).
Il disco esce vent’anni dopo il primo intramontabile lavoro, Stormcrowfleet, e propone una nuova concezione di full-length. L’album non è stato registrato in studio, ma durante un live, un esperimento nuovo perfettamente in linea con l’attitudine degli Skepticism. La qualità del registrato è ottima, e se non fosse per qualche applauso a fine brano sembrerebbe registrato in studio. L’atmosfera è quella che solo gli Skepticism riescono a ricreare: oscura, pensante, malsana, sofferente. Il fattore live aggiunge però qualcosa di più: la voce di Matti è più scarna, senza gli effetti che solitamente si potrebbero usare in studio e questo la rende ancora più sofferente e dolorosa. Ogni strumento è composto e suonato in maniera impeccabile, Pöyry all’organo riempie tutte le tracce donando oscurità e imponenza, Pelkonen alla batteria fa sì che il sound sia ancor più pesante e forte, infine Kekarainen insegna come deve suonare una chitarra funeral, con riff devastanti e melanconici. Al gruppo si aggiunge come seconda chitarra per la sola registrazione del disco Timo Sitomaniemi (The Dead Beginners), il quale aiuta a rendere più pieno il sound.
Ordeal è la prova inconfutabile che gli Skepticism non sbagliano un colpo. Qui non è solo la musica a vincere, ma anche l’idea, l’esperimento tentato dal gruppo, un live album che diviene full-length. Da questo si capisce anche le doti del gruppo in una dimensione live: le canzoni sono eseguite alla perfezione, con professionalità e attitudine. Il disco si ascolta tutto d’un fiato, fortissima è l’impronta old school, che non fa che migliorarne la qualità e la riconoscibilità. Abbiamo davanti un full-length pressoché perfetto, capace di regalare forti emozioni per tutta la sua durata. Questo non è solo il probabile vincitore come “album dell’anno”, ma è anche uno dei migliori dischi funeral post 2010.
(Svart Records, 2015)
1. You
2. Momentary
3. The Departure
4. March Incomplete
5. The Road
6. Closing Music
8.5