Gli Sleep Paralysis non sono una band. Gli Sleep Paralysis sono un progetto personale di Stephen Knapp, polistrumentista statunitense, noto ai più come Cerulean, altra band non band. Difatti, nonostante Knapp abbia suonato in altre band, negli ultimi pare sia diventato allergico al concetto di fare musica in promiscuità, preferendo comporre, suonare e produrre tutto in solitaria. L’album è un concept sulla paralisi del sonno, detta anche paralisi ipnagogica, che per l’appunto prevede una paralisi muscolo/scheletrica che ha il suo inizio con una sensazione di formicolio che attraversa il corpo, arrivando fino alla testa, per poi paralizzare gli arti. Spesso, chi soffre di tale paralisi prova a gridare per chiedere aiuto, riuscendo al massimo a sussurrare debolmente e provando la sgradevole sensazione di sentire la propria voce soffocata da qualcosa di anomalo, oltre alla sensazione fisica, quasi dolorosa, di un peso sul torace. Mancanza di riposo, stress, ritmi di sonno irregolari sono le principali cause ed io, a mo’ di triste vanto posso affermare di averle tutte! Con un tema così oppressivo è legittimo aspettarsi un disco altrettanto difficile da dominare e posso serenamente affermare che Knapp ha centrato in pieno il bersaglio. Il Nostro sceglie le vie tortuose dell’avantgarde metal, da sempre un calderone dove vengono gettati a sobbollire vari generi di metal estremo: soprattutto black e death, nelle svariate declinazioni, ma persino grindcore e math trovano un loro spazio proporzionato, il tutto cosparso con generose manciate di musica classica, jazz, progressive rock. È indubbio che una ricetta simile preveda una conoscenza delle materie prime, un loro utilizzo che sia rispettoso e consequenziale con la filosofia musicale che si voglia andare a creare, ed il rischio di bruciare, e bruciarsi, è sempre dietro l’angolo. Il musicista dell’Arizona riesce a schivare tutto ciò andando a realizzare un disco composto e suonato benissimo, coeso fino all’estremo con il concept lirico che, leggendo i testi, diventa un’esperienza invero impegnativa ma mai, e questo va sottolineato, indigesta.
Un pianoforte schizzato apre il disco, “Last Drop Of Sunlight” è una strumentale che pianta chiodi nelle sinapsi, nelle vertebre, sotto le unghie, inducendo subito un clima quasi orrorifico. La title-track, brevissima, segue a ruota con le sue dinamiche disturbate e disturbanti, Knapp urla tutta la sua paura, “Why can’t I move? Why can’t I scream? Wake me up!“, mentre scudisciate grindcore sferzano l’aria intorno a noi. Le dissonanze black incontrano il noise, amoreggiando a tre con una fredda elettronica: questo è “Fever Dream”, un tunnel buio dal quale urge dileguarsi dai mostri della nostra psiche. La coda strumentale, tutta programmata al computer, ghiaccia ogni cosa, anche i sussurri morenti di Knapp che in lontananza prende coscienza della sua fine, “I stand naked on a pillar of salt. Quickly eroding in the rain. A faceless crowd taunts and jeers. Blood spills from my ears“. Una delle tracce migliori è sicuramente “You Can Never Run Fast Enough” con il suo swing malaticcio, dietro il quale subdolamente si occulta un death metal feroce e qui, nel complesso, l’ombra di un’altra grandissima band, Imperial Triumphant, emerge in maniera netta e decisa. Appare ancora più evidente nella successiva “Imposter Syndrome”, dove non è concesso un momento di calma, dove anche un break atmosferico riesce a trasmettere panico, disagio, inquietudine. Sleep Paralysis è un disco caleidoscopico, animato da mille e più creature, tutte pericolose e assetate del nostro sangue, un diorama dei nostri incubi peggiori. Un brano come “Stress”, col suo mood Pattoniano, è il manifesto della sana follia che alimenta il songwriting di Stephen Knapp, un musicista che unisce fantasia e genio, estro e tecnica, il tutto al servizio di un’Arte tremendamente dolorosa, a tratti molto difficile da sostenere, capace com’è di sollevare dalle ceneri le paure più ancestrali. La complessità strutturale di ogni brano, tra dissonanze e note allungate a dismisura, tra attacchi ferali e fraseggi onirici, tra linee vocali che passano con disinvoltura dallo scream al sussurro, fino ad arrivare a delle spoken words, finanche l’utilizzo arguto di strumenti programmati al PC, rende questo debut album un rombicosidodecaedro affascinante, che non spaventa, che stuzzica curiosità e sprona a vincere ogni paura.
Un disco che è un viaggio. Pronti a partire?
(I, Voidhanger Records, 2025)
1. Last Drop Of Sunlight
2. Sleep Paralysis
3. Fever Dream
4. You Can Never Run Fast Enough
5. Imposter Syndrome
6. Stress
7. Overlooking The Void
8. Helplessness
9. Lost In A Prison Of Mirrors
10. Fever Dream II – Paranoia
11. Nostalgia