Rituffiamoci nell’utopia shoegaze: tornano gli Slowdive da Reading. Eterei come il sound che li avvolge, appaiono su questo pianeta a inizio anni Novanta, vanno via dopo pochi anni e un manipolo di dischi – travolti da Oasis ed esplosione del brit-pop – rimangono sotto traccia per due decenni, tra progetti paralleli (su tutti, i Mojave 3) e amori perduti (quello tra Rachel Goswell e Neil Halsted). Quindi, nel 2014, la rinascita, bagnata dall’omonimo (e ottimo) Slowdive (2017). La formazione è la stessa, le facce sono invecchiate, lo sguardo è quello, deliziosamente perso dei bei tempi (e rivolto in basso, certamente). Vediamo che ci offrono oggi, con l’uscita dell’ultimo everything is alive.
Apre “shanty”, ed è subito folgorazione: sciami di riverberi deflagrano nell’aria, la voce di Rachel sussulta lontana, chissà da quale dimensione. Pochi minuti e sei già altrove. Dopo l’esplosione, la quiete. A seguire “prayer remembered”, una traccia interamente strumentale delicata e onirica, dai forti richiami à-la Cure. “andalucia plays” ci riporta invece per un attimo ai territori folk di epoca Mojave 3 (nuovo amore, o tanta nostalgia per Rachel e Neil?). Di certo, se i primi Slowdive sapevano essere “sporchi” – evidente l’amore giovanile per i My Bloody Valentine – in questa seconda vita prediligono paesaggi dream pop: diversi qui gli episodi (“alife”, “skin in the game”, “kisses”) tutti (più “the slab”) eletti a singoli del disco. Menzione speciale per “kisses”>, per due ragioni: rivela l’amore dei nostri per l’Italia (il video ufficiale è girato a Napoli) e… perde un’occasione: la versione studio mortifica la traccia, decapitata (ragioni radiofoniche?) della sua magnifica e sognante intro (ascoltatela live all’ultimo festival di Glastonbury…). La parte finale della tracklist è intrisa di elettronica. “chained to a cloud” (traccia più lunga, e non la migliore dell’album) scorre senza particolari scossoni, ma ha un merito: prepara il terreno per l’altra vetta dell’album. Dopo l’alfa, l’omega. Dopo “shanty” – il decollo – “the slab”. L’atterraggio? No, qui non si torna. Si riparte. Coltri di riverberi infiammano il pezzo, il pulviscolo sonoro ti guida lontano. Rachel, guida sacerdotale, ti indica la strada. Non sai dove stai andando, ma senti che la strada è giusta.
Gli Slowdive sono l’utopia di chi vuole perdersi. Di chi non può vincere, e non gli importa farlo. Lo shoegazer vuole andare alla deriva. Perché lì, nel naufragio, può vivere in santa pace la sua magia. Non è detto che poi si torni indietro. Ma per lui, questo è un tema di poco conto.
(Dead Oceans, 2023)
1. shanty
2. prayer remembered
3. alife
4. andalucia plays
5. kisses
6. skin in the game
7. chained to a cloud
8. the slab