Dopo la doppia esperienza di The Fuzz Charger Split realizzata con gli stoner rocker berlinesi Samavayo, tornano gli svizzeri Sons of Morpheus con un terzo album dal titolo apparentemente intimista ma in realtà più rozzo, e anche più grunge, di quello che si possa pensare: The Wooden House Sessions.
D’altronde basta ascoltare brani come “Loner”, dalle fantastiche sfumature sabbathiane, e “Nowhere to Go”, occhio alla curiosa introduzione prog, per averne la conferma. Proseguendo nell’ascolto poi è difficile non apprezzare “Doomed Cowboy”, che si sviluppa in maniera sinuosa e caotica corroborata da chitarre decisamente distorte che strizzano l’occhio ai Queens Of The Stone Age e “Paranoid reptiloid”, probabilmente il pezzo più vertiginoso dell’album, il cui testo parla di esseri-lucertola che usano gli umani come cibo e carburante (palese omaggio alla serie tv Visitors). Concludiamo infine segnalando gli ultimi minuti di “Slave (Never Ending Version)”, ovvero una marmellata di rumore messa in risalto con una forza notevole ed unica rispetto al resto dell’album.
Insomma, quella di The Wooden House Session è un’interessante e gradevole esperienza che lascia ben sperare per il futuro della band e che secondo noi merita la sufficienza piena.
(Sixteentimes Music,2019)
1. Doomed Cowboy
2. Loner
3. Paranoid Reptiloid
4. Nowhere To Go
5. Sphere
6. Slave (Never Ending Version)
6,0