Formati dal chitarrista/vocalist e songwriter Qvillio, gli Strange Horizon non hanno mai nascosto il loro amore per i seminali Saint Vitus suggerendo anche una rappresentazione più profonda del doom rock classico dei primi Sabbath per poi muoversi verso l’heavy psych di metà-fine anni Settanta.
Beyond the Strange Horizon fa subito esplodere il suo impulso doom di matrice finlandese di metà anni Duemila e l’opener “Tower of Stone” entra in scena con un riff fuzz in stile “Fear to Pain” prima di assumere il tono di una specie di inno fantasy depressivo e macabro. Bisogna aggiungere che gli Strange Horizon hanno un tocco più morbido ma anche un tocco meno severo rispetto alla maggior parte delle band coeve e ciò lo si evince mentre la canzone si snoda in assoli strascicati, diverse variazioni di riff, un assolo di basso e voci corali. Il ronzio grezzo del riff che dà il via a “Fake Templar” è forse il momento in cui l’ascoltatore prende coscienza di essersi imbattuto nell disco giusto e la finezza di questo pezzo, evidentemente provato a lungo e perfezionato, parla di una vera e propria devozione per il protometal dei primi anni Settanta, mentre “Divine Fear” puo’ essere ugualmente qualificata ad una ballata doom metal che corrisponde alla portata e all’intensità dell’apertura dell’album. Il disco prosegue con fluidità anche se inizia a cambiare tono con “They Never Knew” e “Chains of Society”.
Il doom metal tradizionale è lontano dall’essere morto e gli Strange Horizon fanno un ottimo lavoro nel voler riportare un suono piuttosto datato al suo stato originario con l’aggiunta di una struttura marcatamente psichedelica. Come dire che il meglio, forse, deve ancora venire.
(Apollon Records, 2022)
1. Tower of Stone
2. Fake Templar
3. The Final Vision
4. Divine Fear
5. They Never Knew
6. Chains of Society
7. Turning the Corner
8. Death in Ice Valley