Purtroppo alcuni lavori di ottima fattura passano inosservati, pure e specialmente in ambiti underground in cui gli ascolti si fanno estremamente selettivi e ricercati. Un caso simile è toccato l’anno scorso a Urraca degli americani Sunless, uscito a febbraio e passato in sordina sotto il naso di molti. Tutto ciò si traduce in un gran peccato perché Urraca si rivela a questo punto come una di quelle sorprese dell’anno, di quelle capaci di risvegliare l’attenzione sulla musica meno commerciale e più sperimentale. Basti pensare ai Gorguts degli ultimi anni, mischiati con i sbilenchi passaggi intellettuali dei Baring Teeth e la violenza post-hardcore dei Fluorishing; un connubio difficile, seppur agognato, nell’immaginario quanto d’alto godimento nella realtà.
L’apertura affidata a “Wishes Fallen On Deafened Ears” (uno dei titoli più belli del 2017) riassume magistralmente il connubio dei nostri: sezione d’apertura dissonante e pachidermica intervallata da aperture arpeggiate quasi ambient e con un gusto psichedelico accennato che poi esplodono in dissonanze e diteggiature maggiormente astratte e disturbanti. I Sunless conoscono le proprie capacità e soprattutto devono essersi resi conto delle eventuali pecche di tanti lavori nel genere. Basti pensare all’ultimo Baring Teeth, tanto complicato quanto distante dall’ascolto, astratto su quella roccaforte di dodecafonia difficile da penetrare, o quelle sezioni quasi riempitive che, bisogna pur ammetterlo, i Gorguts usano qua e là, così come quei punti morti a cui approdano i Flourishing. Il songwriting dei nostri è totalmente ascrivibile all’avantgarde death moderno ma proprio in forza alle pecche citate i Sunless sfruttano svariati cambi di tempo, mid tempo sbilenchi per risvegliare l’attenzione, controtempi tra chitarra e basso e una batteria che enfatizza ottimamente i ritmi nevrotici spesso con soluzioni semplici ma efficaci, al confine con la cacofonia pura senza mai addentrarvisi esageratamente.
Certamente capitano quegli episodi in cui una sezione ritmica poteva essere gestita meglio o che un’apertura faccia storcere il naso, così come sezioni susseguenti che a volte s’incastrano a fatica. Urraca, dunque, non è un lavoro perfetto così come ben lontano da rivoluzionare completamente il genere. È però un album dalla ottima fattura, che si evolve rimescolando al meglio gl’ingredienti da cui è nato (si ponga grande attenzione alle loro sezioni arpeggiate, grandissimo gusto compositivo) elaborandoli secondo un gusto che già s’intravede come personale. Non resta che aspettare i prossimi passi degli americani e sperare nel meglio.
(Autoproduzione, 2017)
1. Wishes Fallen On Deafened Ears
2. Gathering At The Skull’s Eye
3. Aberrant Clime
4. Born Of Clay
5. Windswept Rock
6. The Ancient Ones
7. Magpie
8. Disintegration Of Man