Nel giro di qualche decennio, ma probabilmente anche prima, il pianeta sarà sull’orlo del collasso ambientale, con tutto quello che ne conseguirà sul piano politico, economico e sociale. Saremo insomma arrivati alla fine del mondo, almeno di quello che conosciamo. Quando quel giorno arriverà, vi consigliamo di mettere nello stereo – se ancora ci sarà energia elettrica – Revelations of the Red Sword, secondo disco in carriera degli islandesi Svartidauði, che giunge ben sei anni dopo il fenomenale Flesh Cathedral, ad oggi ancora un punto di riferimento per la pur prolifica scena black metal del piccolo paese atlantico.
L’attesa è stata ben ripagata. Revelations of the Red Sword forse non supera, ma senz’altro non è da meno di quel clamoroso esordio sulla lunga durata, e conferma il ruolo di capofila della band di tutta l’agguerrita schiera del black islandese. I quattro vichinghi hanno prodotto uno dei più devastanti e apocalittici dischi black metal degli ultimi anni, qualcosa in grado di scavare nella psiche aprendo voragini spaventose. Come sempre, gli Svartidauði giocano con le dissonanze, con riverberi affilati, ma non dimenticano mai l’importanza di riff e melodie capaci di rendere intelligibile e “controllato” il caos creato dalla band. “Sol Ascending” dà subito in pasto all’ascoltatore nefaste profezie che danzano su un eccezionale lavoro di drumming (che si esprime a livelli altissimi per tutto il disco), fino al finale intenso e drammatico. “Burning Worlds of Excrement” poggia su uno dei riff più luciferini mai sentiti, mentre “The Howling Cynocephali” mescola in pari misura furia cieca e malinconia, ovviamente resa esplicita dall’interpretazione estrema del vocalist Sturla Viðar. “Wolves of the Red Sun” e “Reveries of Conflagration” sono altri due pezzi memorabili, prima del finale apocalittico, devastante di “Aureum Lux”.
Gli Svartidauði sono, oggi, in parte lontani da quelli di Flesh Cathedral: si ricorre meno allo sfinimento dell’ascoltatore, alla ripetizione di formule e melodie, con più attenzione verso la forma-canzone. C’è insomma una maggiore urgenza, e meno “psichedelia”; per fare qualche parallelo, meno Deathspell Omega e più Aosoth. La band islandese ci consegna un disco destinato a diventare un classico del genere, e che loro stessi faranno fatica ad eguagliare in futuro.
(Ván Records, 2018)
1. Sol Ascending
2. Burning Worlds of Excrement
3. The Howling Cynocephali
4. Wolves of the Red Sun
5. Reveries of Conflagration
6. Aureum Lux