I greci TELMA arrivano al secondo disco, dopo il debutto Eternal del 2021. Il quintetto ellenico si cimenta in un convincente groove metal, nonostante io non apprezzi totalmente questo genere: da sempre mi è sembrato un grosso scatolone vuoto, qualcosa di costruito – malamente – con pezzi di scarto, quasi fossimo armati di uno stereo e di una brugola di svedese memoria. Il groove metal ha dentro l’hard rock spigoloso e ribassato, tipico delle produzioni uscite negli ultimi vent’anni (Tremonti, con la sua chitarra, è stato un vate indiscusso), il nu metal, il thrash di ritorno, anche la roba chiamata modern metal trova spazio in questa pentolaccia. Per questo non ho mai trovato credibilissimo il genere. Con i TELMA il mio pensiero non cambia anche se, per onestà intellettuale, va detto che questo lavoro è assai piacevole.
Nei testi la band getta una serie di accuse e critiche verso la società moderna: “il nostro nuovo disco parla di tutte le ingiustizie sociali, della violenza di genere, di questioni che sono presenti da anni e quindi vengono trascinate, sanguinosamente, da troppo tempo. Il nostro Paese, ma anche il resto del mondo, si è accorto di questo. Tutto riconducibile dalla stessa fonte, la bramosia di potere e di controllo sui più deboli. I pochi che portano la società al tracollo, alla guerra, alla disperazione, all’odio. Ma in tutto questo buio, scegliamo di non arrenderci, di restare in piedi e vivere al massimo la nostra vita. Combattere assieme per cambiare le cose. Di questo parla Awakening, il risveglio da tutto.” I brani, con questo carico di parole intense, necessitavano di una musica che sapesse coniugare alla perfezione rabbia, disperazione, senso di rivalsa, speranza. I TELMA sono all’altezza di tale compito, andando a confezionare un lotto di brani che pescano a piene mani dal metal screziato di blues dei Metallica (periodo Load/ReLoad), degli U.P.O. e delle loro derive post-grunge (con la voce di Shawn Albro molto simile al James Hetfield di quei tempi e, ça va sans dire, del qui presente vocalist Anthony Kyritsis) e del ciclostile tipico dei Disturbed. Le linee vocali spesso diventano epiche, scomodando Warrel Dane dall’aldilà, quando i break lasciano spazio ad aperture ariose e oniriche. Le chitarre sono il vero fiore all’occhiello di questo Awakening. Kostas Koutsomarkos e Mark Kotoulas sono bravi nel sedurre l’ascoltatore con tutta una serie di scelte che vanno dall’assalto all’arma bianca all’assolo che devasta le sinapsi, usando lick semplici e ruffiani. L’album dura meno di quaranta minuti, scivolando via liscio – data anche la bontà di tutte le tracce – garantendosi così una giusta longevità negli ascolti.
Pur restando fermo nel mio giudizio, quindi tenendo a debita distanza il groove metal dai miei ascolti abituali, sarebbe ingiusto liquidare velocemente questo Awakening che, oggettivamente, si rivela un gradevole dischetto di un genere/non genere.
(Autoproduzione, 2025)
1. Crystal Clear
2. Belly Of The Beast
3. Stray Dogs
4. Seventeen
5. Awakening
6. Journey Of Dust
7. Got No Rythm
8. The Price Of Freedom