Il duo australiano The Sea Shall Not Have Them continua a seguire il suo percorso strumentale creando un vortice di emozioni lineari e sperimentali. Nel nuovo lavoro in studio Debris, prodotto per l’etichetta connazionale Bird’s Robe, i due musicisti prendono diversi spunti dal precedente lavoro Mouth, album di debutto eccellente, che li ha collocati sulla scena post-rock. L’obiettivo principale stavolta sembra quello di raggiungere un pubblico più ampio, toccando generi diversi come l’elettronica e l’ambient.
L’album si apre con la title track “Debris” che si colora subito di magico, con le note sensibili e la ritmica in chiave cosmica che si spinge sulle percussioni tribali. Poi gli accenni del basso ruvido e distorto toccano con decisione il delay malinconico, fino all’esplosione finale. “Lower the Sky” invece mette in risalto la linea vocale di Ed Fraser, vocalist carismatico degli Heads, in una svolta oscura. Su “YXO” il tiro toccante della struttura trascina l’ascoltatore in una nuova dimensione, lasciando un respiro profondo sulla pelle e il pianoforte che si prende tutta la scena, sopra le chitarre che restano sospese. “Splinters” è un brano classico, con un sound decisamente rock e con una leggera sensazione di rimando a qualcosa, che abbiamo già vissuto in passato. Una traccia che trasmette forti vibrazioni, grazie anche ai loop temporali che prendono vita nel sottofondo. Il cammino procede con un timbro più psichedelico sulle note spaziali di “Everything Melts”. Un’altra traccia importante, che divide gli equilibri, danzando su un ritmo incalzante e ipnotico. All’interno del brano c’è anche la preziosa chitarra di Ian Haug dei monumentali Powderfinger, gruppo alternative rock di Brisbane, che dà quel tocco graffiante a una traccia maestosa, la migliore di questo lavoro. Mentre dopo il breve intermezzo futuristico di “In Mid Air”, il synth ovattato collega la seguente “Ash Cloud”. Una composizione energica, con una tematica sporca e rumorosa, che cresce di intensità in una cavalcata orchestrale. Il disco infine si conclude, sulla lunga durata di “Underneath”, dove l’oscurità abbraccia una personale sinfonia, per un atto finale corposo e di spessore.
I The Sea Shall Not Have Them con questo capitolo dimostrano di essere dei musicisti dal talento ricercato, cercando di attirare l’attenzione fino all’ultima nota. Non sempre è scontato, ma loro fanno centro anche a distanza di anni.
(Bird’s Robe Records, 2022)
01. Debris
02. Lower the Sky
03. YXO
04. Splinters
05. Everything Melts
06. In Mid Air
07. Ash Cloud
08. Underneath