Padri spirituali veri e propri di una concezione ultraterrena di musica che supera le definizioni stesse del black metal e del math più intransigente, i Deathspell Omega tornano finalmente sulle scene con un nuovo album. L’entusiasmo quasi bambinesco mostrato globalmente all’annuncio dell’uscita di The Synarchy of Molten Bones (uno dei titoli più belli degli ultimi anni) fornisce una chiara idea dell’importanza rivestita da questi francesi e di quanto il loro impatto sia stato e sia tuttora di spessore notevole.
Fermo restando che assimilare un loro qualsivoglia album significhi immergersi mente e corpo in un vortice di perdizione ed instabilità, e richieda pertanto molto tempo per uscirne una certa lucidità, questo The Synarchy of Molten Bones ha un impatto iniziale molto simile a Paracletus, altra perla traslucida e deviata dei francesi. L’intro affidato a suoni molto evocativi e sinfonici viene arrestato brutalmente dagli arpeggi dissonanti e sinistri che deflagrano in men che non si dica in violenza depurativa, un’onda inarrestabile che stordisce e trascina in cambi di tempo continui, strutture asincrone ed asimmetriche di un caleidoscopio spigoloso e disturbante. Le sottigliezze di questo disco sono il punto forte e debole allo stesso tempo. Un ascolto veloce e frettoloso potrebbe classificarlo a metà via tra Paracletus e Fas Ite, Maledicti, In Ignem Aeternum: l’album è infatti veloce e senza freni come il secondo e scoordinato e decadente come il primo. I cambi di tempo, i rallentamenti, le scale leggermente diverse e il basso ben udibile sono alcuni dei tanti elementi di novità che rendono The Synarchy of Molten Bones un album degno di non essere secondo a nessuno dei suoi fratelli maggiori.
La voce è un altro elemento di fondamentale importanza, qui ancora più amalgamata al caos vituperante degli strumenti, un sermone continuo di orrori indescrivibili. “Famished for Breath” ripete ad altissima voce come la violenza sia ancora materia dei Nostri, schiava plasmabile e sottomessa al volere dei Deathspell Omega, mentre “Onward Where Most With Ravin I May Meet” mostra la lotta continua tra idee e volontà, laddove il loro scontrarsi provoca asimmetrie quasi erotiche e genera piaghe musicali indescrivibili. L’ultima parola spetta a “Internecine Iatrogenesis” con i suoi stop and go frenetici e un uso della dissonanza quasi psichedelico che sfocia in un finale evocativo e storto, degna conclusione di uno sconvolgimento musicale immenso.
In un’epoca di populismi musicali in cui certe soluzioni di nicchia diventano moda e necessario orpello, i Deathspell Omega si stagliano come un’ombra a ricordo che certe filosofie non sono coniugabili in facili soluzioni. Lontani dalle mode e dalle dipendenze ideologiche, i francesi continuano lungo una strada di evoluzione imparagonabile ed esclusiva. Se però siete nuovi a questo enorme microcosmo partite dall’inizio dell’incantesimo di morte come per il migliore grimorio, ciò per poter apprezzare al meglio il percorso e capirne il vero senso.
(Norma Evangelium Diaboli, 2016)
1. The Synarchy Of Molten Bones
2. Famished For Breath
3. Onward Where Most With Ravin I May Meet
4. Internecine Iatrogenesis