Throane è la nuova incarnazione musicale di Dehn Sora, artista francese già noto per il progetto «ambient-religious» – definizione sua – Treha Sektori. Ci troviamo dunque di fronte ad una one-man band, che fa il suo esordio con questo Derrière-nous, la lumière (dietro di noi, la luce: contrappasso del più noto dietro di noi, il diluvio) per l’ottima etichetta Debemur Morti, che arricchisce il suo già efferato roster (Akhlys, Behexen, Archgoat, Blut Aus Nord, Dirge, In The Woods, Terra Tenebrosa…) con un’altra perla nerissima.
Il progetto Throane propone una miscela di black atmosferico, sludge e genericamente “post” assai debitrice principalmente degli Amenra. La band belga pare davvero un riferimento primario per Sora, che non a caso gravita nell’orbita della Church of Ra, il collettivo di band ed artisti nato proprio intorno al gruppo di Colin van Eeckhout e soci. Le coordinate del disco sono allora ben individuabili: Sora affida alla sezione ritmica un compito basilare, nel senso letterale di solida base su cui la voce e soprattutto le chitarre ergono il loro muro di disagio. La voce, in verità non troppo presente, è un urlo lancinante sporco e disperato, sempre cupo, talvolta feroce; le chitarre costruiscono abilmente trame non troppo complesse ma assai efficaci nell’assemblare dissonanze acide che trasmettono malessere in grande quantità. Rispetto agli Amenra, però, il progetto Throane è più sporco, più rabbioso pur nella comune disperazione, anche grazie ad una produzione quasi lo-fi che ricorda il black metal più sudicio.
Il disco si apre con “Sortez vos lames, que nous perdions nos poings” (Sora ha un discreto talento anche per i titoli…), brano che condensa in poco più di quattro minuti le principali coordinate stilistiche del progetto: un andamento ritmico regolare, chitarre graffianti e grida disperate che vi rovesceranno addosso una colata di lava nera. Nel prosieguo del disco non ci si discosterà mai troppo da questi parametri, salvo un pizzico di ferocia in più nella parte centrale (si sentano la title-track e “Un instant dans une torche”), cui segue una fase di calma suicida con “Contre terre” e “Nous blamons la tempete de nous avoir laisseés en plaies”, il primo quasi drone, il secondo dall’approccio introspettivo, interamente strumentale se non per pochi sussurri che suggeriscono ulteriore malessere.
In definitiva, il giudizio è ampiamente positivo: seppur a tratti eccessivamente derivativo, ci troviamo dinanzi ad un progetto che, se saprà liberarsi dell’eredità oggi un po’ ingombrante dei suoi principali riferimenti ed acquisire maggiore personalità, potrebbe divenire una delle migliori espressioni del “post” europeo.
(Debemur Morti, 2016)
1. Sortez vos lames, que nous perdions nos poings
2. Aussi féroces que nous repentons
3. Derrière-nous, la lumière
4. Un instant dans une torche
5. Contre terre
6. Nous blamons la tempete de nous avoir laissés en plaies
7. A chette chute
7.0