Il quarto album dei Tombs rappresenta il debutto dei newyorchesi su Metal Blade, dopo la fine del lungo sodalizio con la Relapse. The Grand Annihilation è anche il l’esordio sulla lunga distanza per la nuova formazione messa insieme da Mike Hill, dopo (l’ennesimo) rimescolamento seguito a Savage Gold.
Un anno fa, l’EP All Empires Fall ci aveva fatto sperare nella maturazione della band, che dopo l’ottimo debutto Winter Hours (ormai datato 2009) non ha più saputo riproporsi sui medesimi livelli. Hill, autentico dominus della band, ne ha in realtà spostato da allora in modo sensibile le coordinate stilistiche, abbandonando quasi del tutto le sonorità “post” delle prime uscite per portare i Tombs ad essere un act più canonicamente black metal. I risultati non sono stati, e non sono nemmeno stavolta, eccezionali. Alcuni dei passi avanti espressi con All Empires Fall sono confermati: in particolare i suoni, che grazie al lavoro di Erik Rutan al mixer sono finalmente potenti ed incisivi. Il problema, però, è che ancora una volta ai Tombs manca quel guizzo capace di lasciare il segno sull’ascoltatore. L’album si apre con la più che discreta “Black Sun Horizon”, aggressiva e dinamica, senz’altro la miglior canzone del lotto; ma nel resto del disco riemergono tutti i difetti della band: innanzitutto, la voce di Mike Hill, che ha – ahinoi – abbandonato lo stile prettamente aggressivo dell’EP di un anno fa per prodigarsi qua e là in un pulito francamente assai deficitario (si senta “November Wolves”), come d’altronde già avvenuto – coi medesimi, modestissimi risultati – in dischi precedenti. Anche nello scream, il frontman rimane a nostro avviso un vocalist limitato.
Ci sono poi soluzioni stilistiche poco efficaci, un riffing non particolarmente ispirato e, anzi, talvolta prigioniero di costruzioni elementari che da una band con esperienza internazionale ormai decennale non ci aspetteremmo. Si salvano “Old Wounds”, “Way of the Storm” e “Saturnalian” (quest’ultima anche perché ha il buon gusto di fermarsi a tre minuti), e merita una citazione pure “Underneath”, in cui i Tombs sfoderano persino uno stile vicino alla darkwave – ormai immancabile… – e all’horror punk. Ma non basta a far elevare di molto il giudizio complessivo.
Bisogna a questo punto arrendersi dinanzi ai limiti della band, che nonostante i numerosi cambi di line-up proprio non riesce a fare il salto di qualità. Hill ha lavorato intensamente per costruire questo progetto e va a suo merito averlo portato alla ribalta internazionale, consolidandone il nome; ma i Tombs non riescono ad essere quell’entità oscura, efferata ed inquietante che ormai da tempo stanno tentando di diventare. The Grand Annihilation non è nemmeno un disco brutto, questo non lo si può dire; ma è trascurabile. Come, purtroppo, buona parte della loro discografia.
(Metal Blade, 2017)
1. Black Sun Horizon
2. Cold
3. Old Wounds
4. November Wolves
5. Underneath
6. Way of the Storm
7. Shadows at the End of the World
8. Walk With Me in Nightmares
9. Saturnalian
10. Temple of Mars