Una garanzia. Così potremmo definire i Trap Them, giunti ormai alla sesta prova sulla lunga distanza (più quattro EP ed uno split, se non sbagliamo i conti) senza praticamente sbagliare un colpo. Crown Feral, nuova fatica di McKenney & co., conferma lo status di prim’attore della band di Seattle nella “scena” crust/grind mondiale – insomma, quel mix di roba ignorante che tanto ci piace.
Rispetto al precedente Blissfucker, quest’ultimo full-length abbandona in parte le soluzioni maggiormente hardcore tout-court in favore di un generale incupimento, andando a lambire territori death&roll e sludge (“Twitching in the Auras” è un buon esempio in questo senso). Suoni e strutture sono efficaci nel creare il mood apocalittico che la band ricerca: il suono dell’anarchia, del disordine, del collasso delle strutture sociali. L’iniziale, scurissima “Kindred Dirt” fornisce già molti indizi in proposito; si parte poi alla carica, baionetta inastata, con la più tipica “Hellionaires” e, fondamentalmente, non ci si ferma più. Per quanto sia forse persino superfluo, dopo quindici anni di carriera, sottolineare la totale sicurezza con cui i Trap Them compongono ed eseguono la propria musica, questo disco fornisce un’ulteriore prova della loro progressiva crescita: una “Malengines Here, Where They Should Be” propone ad esempio una struttura complessa per il genere, ed interessanti varianti ritmiche che non sono così comuni in questo ambito. Merita poi di essere messa in evidenza la prova del vocalist Ryan McKenney, sempre più trascinante e forse, a questo punto, autentico punto di forza della band.
Cosa manca, allora? In realtà, nulla: solo, anche pesi massimi come i Trap Them soffrono la complessiva “limitatezza”, diciamo così, di un genere che non offre infinite variabili e soluzioni compositive. Benché Crown Feral sia a suo modo un album unico all’interno della discografia della band, essendo pure il più pesante e meglio prodotto (c’è Kurt Ballou dietro il mixer), non riusciamo ad esaltarci fino in fondo. Rimaniamo inoltre convinti che questa rimanga una band da godersi soprattutto dal vivo, habitat in cui esprime al meglio tutta la propria ferocia.
(Prosthetic Records, 2016)
1. Kindred Dirt
2. Hellionaires
3. Prodigala
4. Luster Pendulums
5. Malengines Here, Where They Should Be
6. Speak Nigh
7. Twitching in the Auras
8. Revival Spines
9. Stray of the Tongue
10. Phantom Air
7.0