Debutta con Tower of Nails il duo italiano Unwilling Breath, che realizza un primo EP di stampo drone/noise electronics in circa 28 minuti di suggestioni elettroniche e vocals impenetrabilmente oscure come, d’altronde, fa fede la comunione d’intenti di due artisti non di primo pelo nel panorama estremo italiano: il duo infatti vede ai synth e macchine Sebastiano e alle vocals Dave, entrambi ex-Nomura (post-blackened HC) e rispettivamente tuttora impegnati in The Three Stigmata (drone/dark ambient electronics) il primo in Zolfo (sludge/doom metal) il secondo. Il disco è stato pubblicato il 21 dicembre, in formato digitale accompagnato da un poster esclusivo, da Dio Drone, che non è nuova sul fronte delle sperimentazioni sonore.
Per sua natura espressiva, la proposta di Unwilling Breath, si caratterizza della dicotomia minimalismo/massimalismo tipica delle produzioni basate sullo spettralismo come, appunto, la prevalente drone in Tower of Nails, che da un lato risulta morigerata negli elementi coinvolti, dall’altra punta invece alla saturazione dello spazio sonico, tessendo ricche texture di pad, droni e stringhe che incastonano delle vocals metaforicamente lontane, che sanno di ricordi violenti e che commentano spregevolmente dall’iperuranio gli eventi sonori che si concatenano per tutta la durata del disco. Le vocals di Dave però non vanno viste come separate dal discorso sonoro, piuttosto si inseriscono pertinentemente nel resto degli elementi, magnificando le intenzioni un disco che è un testamento di dolore, nonché l’espletazione di una necessità artistica realmente oscura, che rigurgita tutte le frustrazioni e l’oppressione di un eternità e, particolarmente, di un anno terribile. La traccia d’apertura “Faith and Chance” non lascia fraintendimenti: per quanto la suddetta sia un atto che sa più di opening (ma non nel senso stretto del termine), fin da subito vengono esposte urla di strazio, non vocalizzi musicali, ma urla, riverberate in uno spazio astratto, che successivamente vengono sovrastate da uno sample parlato, ai limiti dell’intelligibilità, estratto dal film Possession (di Andrzej Żuławski, 1981). Questi elementi sono sorretti dalle allucinazioni sintetiche dell’elettronica e del noise che dipingono un paesaggio distorto, preannunciando quanto l’alienazione costituisca un elemento espressivo fondamentale del disco. Difatti il discorso, sviluppato dalle macchine sonore di Sebastiano – come si ribadisce già dalla seconda traccia “Omologic Impulses”, e successivamente nei successivi tre brani – trova il suo equilibro folle in ostinati ipnotici ed in movimenti letargici, sia nei droni, sia nelle minimali sezioni che accennano un ritmo, scandito da ipotetiche esplosioni e percussioni sulle lastre metalliche di una fabbrica ridotta in macerie, che rimandano a stilemi industrial, qui accennati, che supportano una ben più ampia estetica drone/noise electronics che, seppure non proponga nulla di avveniristico, non esita a sperimentare, in virtù di un espressione istintiva e quantomai decadente. L’indirizzo quindi, specialmente in termini di interazione tra vocals ed elettronica, riporta ai fasti dei The Body, distaccandosi, in termini di vocals, dalle specifico screeching scream di Chip King, ma comunque attingendone a piene mani, specialmente nei momenti in cui le parti vocali toccano il registro più alto. Dunque le vocals del disco sono metamorfiche, riuscendo a concretizzare una moltitudine di suggestioni tra scream, growl, sussurri, mormorii sul basso registro e, come già detto, anche urla, crude, disilluse. Il comparto drone/noise, specialmente della doppietta di brani in chiusura all’EP “Desolate I” e “Desolate II”, si caratterizza di componenti che per inquietudine rimandano ad act come Throane (più per oscurità del linguaggio che per forma) ed, in particolare modo agli atti sperimentali di Thaw, se non, addirittura, spingersi in alcuni momenti di particolare saturazione sonica, alle sperimentazioni degli ultimissimi Full of Hell. Nonostante le suddette indicazioni però, Tower of Nails rimane un prodotto autentico in cui si denotano delle sincere esigenze espressive, qui espletate nell’oscurità più fitta che il duo ha potuto distillare.
Seppure la proposta sperimentale in questione sia da cogliere nei lenti inviluppi, nel movimento tettonico di un’imponente massa sonora, nonché nei dettagli di eventi ora in primo piano, ora subliminali, i circa 28 minuti di playing forse peccano di dinamica, affidandosi, magari con più fiducia del dovuto, agli ostinati che se da un lato risultano brillantemente realizzati, dall’altro non di rado fanno immaginare ulteriori sviluppi ed interazioni, che siano di noise compulsivi così come di elementi ritmici, se non addirittura interventi (nella maniera moderna e sperimentale) di strumenti a corde. Qui probabilmente concorre imprescindibilmente il background dei due artisti, che comunque non va inteso come un malus, anzi, configura il disco si come un banco di prova ardito, ma al contempo lo fa con indiscutibile motivazione, sia espressiva che tecnica, cionondimeno questi motivi, infatti, instillano grandi curiosità ed aspettative riguardo una prossima release.
Il comparto tecnico è curato minuziosamente e (necessariamente dato il materiale sonoro esposto in Tower of Nails) realizzato ad hoc, riuscendo a ritagliare con cognizione di causa lo spazio adeguato che richiede ogni elemento in concorso, asservendo la tecnica all’espressione musicale che, specialmente in questo caso, è strettamente correlata ai mezzi di produzione, che in Tower of Nails hanno saputo magnificare le intenzioni del duo. Un ulteriore layer di qualità è donato alla release grazie ad un impenetrabile artwork realizzato da Giulia Ajmone Cat.
Quello degli Unwilling Breath è un debutto coraggioso e motivato, da vedere come un’esplorazione in territori più o meno già battuti, nel background dei due musicisti, ma sicuramente finora inesplorati dai suddetti come duo, eppure, Tower of Nails è un EP che ha l’ardore di un debutto ma dimostra la consapevolezza di chi è ad un passo dalla maturità. Sicuramente il sopracitato non vuole essere un disco facile, e ha bisogno di diversi ascolti per poter essere assimilato – necessità che risulta imprescindibile, parzialmente per la natura di per sé astratta del discorso drone/noise electronics esposto, ma soprattutto per l’oscurità criptica che trasuda il percorso del disco, che con la sua esposizione vuole mettere a nudo le atrocità dell’esistenza, ma anche vuole esorcizzarle, stagliandole su di un abisso in cui si rivede il nostro tempo.
(Dio Drone, 2020)
1. Faith and Chance
2. Omologic Impulses
3. Countless
4. Desolate I
5. Desolate II