I Vektor sono una formazione attiva dal 2002, proveniente da Philadelfia. Dopo aver registrato tre demo, nel 2009 fecero uscire il loro primo album, Black Future, un concentrato di progressive thrash metal molto legato alle sonorità e alle tematiche dei canadesi Voivod. L’album venne accolto molto positivamente da pubblico e critica, e da qui per gli americani è stata un’ascesa inesorabile, marcata ancor più nel 2011 con il secondo album Outer Isolation. Arriviamo dunque al 6 maggio 2016, data di uscita di Terminal Redux, un disco che per forza di cose risulta essere un importante banco di prova: capita sempre di veder nascere band molto promettenti ma che a conti fatti dopo il secondo/terzo album perdono il loro estro creativo e l’abilità di rinnovarsi, finendo per rimanere in qualche angolo della nostra collezione senza un seguito degno di nota.
Anche ad un ascoltatore non amante del thrash (come il sottoscritto) l’opera dei Vektor sembrerà un vero viaggio interstellare in quegli antri immensi nello spazio profondo, dove la realtà si perde nell’astrattismo di elementi puri e nubi galattiche. Anche la copertina fa la sua parte nel creare questa immagine: è come se tutto l’inquinamento della terra avesse corrotto l’intera galassia, come se in un futuro lontano una petroliera interstellare riversasse miliardi di litri di carburante non raffinato tra le stelle. Terminal Redux è composto da dieci tracce che prendono trant’anni di genere, lo aprono come un cadavere e al suo interno iniettano il famoso liquido del racconto di Lovecraft “Il colore venuto dallo spazio”. Per quanto nei primi istanti, dopo aver premuto play, quello che ci arriva alle orecchie è un progressive thrash metal di ottima fattura, è quello che succede dopo pochi minuti che lascia spiazzati: l’introduzione di momenti di pura luce, come a metà della prima traccia, “Charging the Void”, crea un ottimo contrasto nella composizione, permettendo alla band di scrollarsi di dosso un certo tipo di metal oltranzista, non disdegnando momenti di riflessione e tranquillità. Episodio da annotare assolutamente è “Ultimate Artificer”, non per niente utilizzata proprio per la pubblicizzazione dell’album, una vera e propria dichiarazione d’intenti.
Partendo da basi puramente thrash metal i Vektor hanno saputo reinventare il genere plasmandolo fra le proprie mani come materia nera, rendendolo attuale. Sicuramente Terminal Redux è una delle migliori uscite per il genere dell’anno, un disco che permette alla band di ritagliarsi un posto di diritto tra quella stretta cerchia di gruppi che, dopo essersi scrollati di dosso ciò che è inutile e vecchio, guardano oltre al Metal. Verso la prossima odissea intergalattica.
(Earache Records, 2016)
1. Charging the Void
2. Cygnus Terminal
3. LCD (Liquid Crystal Disease)
4. Mountains above the Sun
5. Ultimate Artificer
6. Pteropticon
7. Psychotropia
8. Pillars of Sand
10. Recharging the Void
9. Collapse