Atmosfere ruvide e malinconiche sono la miscela definitiva per i Wolfnaut. Il trio norvegese nasce a metà degli anni Novanta a Elverum, una città vicino la capitale Oslo; il loro sound si distingue per i suggestivi spettacoli dal vivo e l’emozione dura e martellante, che avvolge le distorsioni orecchiabili e melodiche, reggendo sempre quell’urto pesante e aggressivo che tende al doom metal. L’esordio della band avviene con ‘album Welcome to the Cactus Mountains, un lavoro importante che si abbatte come un uragano sulla scena indipendente stoner rock norvegese. Dopo altri tre capitoli devastanti e molto interessanti, i Nostri tornano nel mondo discografico con questa nuova opera dal titolo Return of the Asteroid prodotta per l’etichetta statunitense Ripple Music, intraprendendo un cammino più oscuro rispetto ai precedenti lavori. Qui il trio esplora nuovi elementi fondamentali utilizzando una scrittura viva e dinamica, esplorando temi come l’amore e la fratellanza con un’adrenalina mozzafiato.
L’iniziale singolo “Brother of the Badlands” accoglie subito una chitarra dolce, che diventa rognosa e devastante lanciando una ritmica violenta e travolgente, dove la linea vocale sensuale del chitarrista e cantante Kjetil Sæter si cimenta in un ritornello contagioso carico di groove, decollando in una narrazione libera e potente, per un’apertura che lascia il segno. “My Orbit is Mine” segue un tema muscoloso e sostenuto, con un riff graffiante che mette in mostra l’abilità pesante della band e inserisce un racconto abile che arriva da lontano, fino ad inoltrare i sentimenti in un assolo ipnotico: una traccia memorabile e calorosa. L’introduzione drammatica di pianoforte in “The Mighty Pawns” preannuncia un passaggio doom massiccio e polveroso, per poi creare una sensazione più cupa di stampo anni Settanta e una sfumatura psichedelica che incastra il testo incantevole e un momento saliente della distorsione nel tocco conclusivo, dove la canzone accelera in modo prezioso. “Crash Yer Asteroid” invece invita l’ascolto a qualcosa di più punk per trascinare e ritagliarsi un ritmo originale e significativo. Qui le influenze maggiori avvicinano l’ascolto alle sfuriate degli High On Fire, con quel timbro grintoso e ampio. “Arrows” si traveste sotto un’ombra pensierosa simile a una ballata, con una qualità eccentrica dell’arpeggio malinconico e un sospiro leggero della voce. Una composizione eccellente, che ci invita a tornare alle tematiche blues rock della seguente “G.T.R.”; un brano corposo, che trasmette una grinta estrema verso un urlante vortice e un ennesimo ritornello enorme ben orchestrato. Le ultime tre tracce poi vedono cavalcate sofisticate e danzanti, mostrando un inimitabile attitudine esplosiva, passando al muro dissonante in chiave hard rock di “Something More Than Night” fino alle fragili emozioni e il testo ambizioso di “Crates of Doom”, chiudendo con la monumentale e lunga composizione “Wolfnaut’s Lament”, che spinge in un chiaro e limpido brano epico, per un viaggio camaleontico e sperimentale.
Return of the Asteroid è un disco davvero entusiasmante, che ti cattura al suo interno con una gioia libera e originale. Un nuovo fresco tassello per la band, autentica conferma sulla scena attuale.
(Ripple Music, 2023)
1. Brother of the Badlands
2. My Orbit is Mine
3. The Mighty Pawns
4. Crash Yer Asteroid
5. Arrows
6. G.T.R.
7. Something More Than Night
8. Crates of Doom
9. Wolfnaut’s Lament