Anni addietro si gridava al miracolo compiuto nelle terre irlandesi, dove finalmente si era instillata nuova linfa vitale in un genere che rischiava d’ammuffire. Dopo questa gloriosa parentesi nata (e morta) con i fondamentali Altar of Plagues fu il turno dei cugini islandesi di farsi avanti e ridefinire ulteriormente i confini del black metal, tant’è che oggigiorno il sound islandese è ben riconoscibile grazie alle sue atmosfere rarefatte, violente e dissonanti. Giunge quindi inaspettata (ma gradita) un’altra perla nel genere, capace di coadiuvare i migliori aspetti delle ultime incarnazioni black/death distaccandosi dalla religiosità della terra dei ghiacci, dal modernismo eccessivo degli americani e dalla freddezza dei norvegesi. Gli Zhrine (sempre di Reykjavík) dimostrano col loro fresco Unortheta di poter già aspirare ai vertici del genere grazie ad una soluzione sonora di grande gusto, tanto da arrivare a firmare per la francese Season of Mist al primo full.
“Utopian Warfare” inizia nel modo più scontato, ma anche più corretto per l’apertura di un album, con un lungo giro introduttivo a base di arpeggi delicati e malinconici, che esplodono in uno splendido brano di post black moderno e tirato con alle spalle una solida conoscenza delle atmosfere più morbose del death anni ’90 (alla lunga rivisitato ultimamente). Nei brani a seguire la struttura cambia decisamente di volta in volta, assumendo ora i connotati di un ensemble post death dissonante e tecnico (“Spewing Gloom”, “The Syringe Dance”), ora quelli di un gruppo post black elegante e melodico (senza mai trascurare una certa furia. Il fattore chiave dei nostri è infatti l’impressionante capacità di destreggiarsi in tutte le ramificazioni più estreme del cosiddetto post metal senza mai scrollarsi di dosso l’aura irlandese che abbiamo imparato ad amare grazie a James Kelly e soci.
E’ bene notare che i continui richiami agli Altar of Plagues non vogliono essere assolutamente limitanti (potremmo infatti citare anche gli Ulcerate e i Deathspell Omega tra i tanti), bensì elogiativi di una band che finalmente riesce ad eguagliare in bravura nomi fino ad oggi ritenuti quasi sacri nella scena. Unortheta è a nostro avviso un disco sorprendente, dinamico (un plauso al batterista è d’obbligo) ed assolutamente ben congegnato. Ascolto obbligato del 2016 e probabile disco black dell’anno.
(Season of Mist, 2016)
1. Utopian Warfare
2. Spewing Gloom
3. The Syringe Dance
4. World
5. Empire
6. The Earth Inhaled
7. Unortheta