È un 2020 prolifico per i Void Rot, band death doom metal dagli States, che in data 11 settembre rilasciano il loro primo full length Descending Pillars. Dato l’esordio discografico della band nel 2018 con l’ottimo EP Consumed by Oblivion (Sentient Ruin Laboratories, Everlasting Spew Records) il suddetto LP rappresenta un traguardo ancora più significativo considerando il breve arco di tempo intercorso tra prima release e primo full length. Risultato ancora più notevole se si pensa che, nello stesso anno, i quattro musicisti del Minnesota sono stati capaci di realizzare due release, facendo precedere a Descending Pillars lo split con gli Atavisma, da manuale del death doom metal moderno, che potrebbe anche essere interpretato come la dichiarazione degli intenti poi ampiamente dispiegati nel sopracitato full length. Quest’ultimo viene rilasciato, in formato CD e digital, tramite l’etichetta italiana Everlasting Spew Records, in collaborazione con Sentient Ruin Laboratories, che produce per la release i formati vinile 12” e tape cassette. La collaborazione con le sopracitate label quindi è rinnovata per la terza volta (su tre release), dunque possiamo identificare Void Rot come una scommessa, che oggi possiamo indubbiamente confermare, essere andata a buon fine, sottolineando quanto le due etichette sopracitate abbiano qualcosa da dire riguardo il talent scouting, avendo puntato, in questo caso specifico, su una realtà di recente fondazione che ha già presenti nella propria discografia tre release di alto livello, progressivamente sempre migliori.
Sin dai primi istanti del disco si percepisce un mood opprimente, che viene introdotto gradualmente, come un cielo che si riempie sempre più di nubi minacciose di tempesta, dall’opening/title track “Descending Pillars”, che da un breve intro di pad/droni passa ad arpeggi ed a dissonanze che nel corso del disco verranno usate abbondantemente e con maestria, oltre che adeguatamente al contesto musicale, poiché tale caratteristica è da collocare tra gli stilemi caratteristici del death doom metal, come anche conferma la lezione dei Winter e dei diSEMBOWELMENT, che in Descending Pillars, più che mai, viene assimilata e rielaborata brillantemente. Proprio come in un filato delle moire greche, l’identità musicale della band statunitense guarda, con un occhio, ai pionieri del genere (tra U.S.A. e Scandinavia) come i sopracitati Winter e diSEMBOWELMENT ma anche a Rippikoulu circa il fronte death/doom metal o Grave e Incantation sul fronte più specificatamente death, e con l’altro al panorama odierno, le cui fila schierano band di assoluto spessore quali Spectral Voice, Assumption, Mortiferum, Krypts ecc.. La formula compositiva proposta durante i sette brani è la medesima, ma non risulta né statica né ridondante, grazie ad un songwriting che distribuisce bene le sezioni, nonché per merito di un riffing ora serrato, tipicamente death metal, ispirato soprattutto dalla scuola californiana, ora dilatato e solenne, atto a trascinare in un abisso dove dissonanze e morbosi movimenti melodico/ritmici levano il terreno da sotto i piedi. Nei suoi 37:40 minuti di playing time l’album riesce ad avere comodamente il tempo necessario per esplicare tutte le sue funzioni, che comunque rimangono saldamente ancorate all’essenziale, come il genere suggerisce. Dunque l’ultimo opus dei Void Rot si fregia di un certo gusto minimale, ma comunque più che efficace nell’esplicazione delle sue coordinate espressive, dedicando grande cura ad ognuno dei singoli elementi in gioco. Di quest’ultimi gli highlight sicuramente risiedono nelle cavernose vocals gutturali di JH, che si avvalgono di ampi riverberi, per poter provenire da marcescenti caverne dimenticate ed occluse dalla luce, nonché nella pertinenza e della malleabilità delle chitarre (sia sul fronte ritmico che lead), le quali risultano sempre giustamente ispirate sia nei segmenti più puramente death, sia in quelli catacombali death/doom. La sezione ritmica del disco rappresenta una punta di diamante, con il basso granitico di CC, che sa stare al suo posto con efficacia, ma soprattutto grazie al drumming di WB, che si presenta impeccabile, e di una violenza efferata sia nei blast beat che nei mid-tempo, fino a diventare il rintocco di macabre campane funeree durante le titaniche sezioni Death/Doom Metal. L’unico momento di tregua del disco è il sinistro intermezzo “The Weight of a Thousand Suns”, in penultima posizione in tracklist, che con degli arpeggi tetri introduce all’ultimo brano “Monolith (Descending Pillars II)” – ovvero un reprise concettuale dell’opening track – che segna con solerzia l’atto finale di un disco spietato che non conosce redenzione nel suo tormento, caratterizzando quest’ultima traccia di tutti gli elementi migliori esposti in questa sede esposti, come a compendio dell’orrore allucinato di cui si marchia Descending Pillars.
Le qualità del disco sono magnificate da un comparto tecnico di altissimo livello, fornito dal tracking e dal mixing di Adam Tucker al Signaturetone Recording e dal mastering di Damian Herring al Subterranean Watchtower Studios, che fanno eccellere sonicamente l’album sotto ogni punto di vista, obiettivo raggiunto sia grazie alle capacità ed al gusto creativo del sound engineering, sia per merito di una ricerca del suono evidentemente molto curata già dalla band stessa, rendendo tutti gli elementi coinvolti ben bilanciati, presenti, intelligibili ed in-your-face quanto basta.
Dunque il primo full-length dei Void Rot non solo rappresenta per la band la prima release di ampio minutaggio, ma espone, con risolutezza, la maturità dell’outfit di Minneapolis, superando la fatidica prova del primo full length con un passo degno di un titano, che inesorabile non rinuncia ad esporre ciascuno dei migliori stilemi del death doom metal, sia del passato che del presente, rielaborandoli però brillantemente e con autenticità. Se le precedenti release del quartetto americano sono state accolte con grande piacere da pubblico e critica, Descending Pillars magnifica ulteriormente ogni potenzialità precedentemente esposta e tiene fede ad ogni aspettativa, rendendo quest’opus un leviatano del genere, che non esita ad abbattersi con ferocia sull’ascoltatore che (navigato nello specifico segmento musicale o meno) non potrà fare a meno di trovarsi in balia di una release ineluttabile e di grandissimo valore che attesta Void Rot, fin da adesso, insieme ai grandi nomi della scena contemporanea.
(Everlasting Spew Records, Sentient Ruins Laboratiories, 2020)
1. Descending Pillars
2. Upheaval
3. Liminal Forms
4. Delusions of Flesh
5. Inversion
6. The Weight of a Thousand Suns
7. Monolith (Descending Pillars Pt. II)